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  • Cecchettin, Martella: «Ci ricorda che cambiare spetta agli uomini»

    «A un anno dal suo femminicidio, credo che il modo migliore per ricordare Giulia Cecchettin e tutte le ragazze e le donne uccise da uomini in quanto donne, sia comprendere davvero che la strada per liberare l’Italia dalla violenza maschile passa per un’assunzione individuale e collettiva di responsabilità da parte degli uomini. Cambiare spetta a noi uomini. Dobbiamo contribuire tutti a cambiare la cultura patriarcale che genera pregiudizi, discriminazioni e violenza contro le donne. A questo servono anche formazione e specializzazione, su cui bisogna puntare di più e meglio: degli operatori della giustizia, della sanità, delle forze dell’ordine, ma anche della comunicazione, della scuola e dell’università, perché le donne che denunciano vengano credute e protette e perché si diffonda una nuova cultura del rispetto della diversità di genere». Lo dice il senatore Andrea Martella , segretario regionale del Pd del Veneto.

  • Sanità: «Il caso Eleonora deve far riflettere»

    Martella: «I tagli chiudono gli ospedali e impoveriscono il servizio» «Il caso Eleonora deve far riflettere. Sarebbe irrispettoso e inaccettabile derubricarlo a mera fatalità, a incidente senza colpe: quando si taglia sulla sanità il servizio si impoverisce, è inevitabile. E i cittadini vedono diminuire diritti e sicurezze». Lo dice il segretario veneto del PD, Andrea Martella , commentando il caso della morte della quattordicenne Eleonora Chinello. «Una tragedia che purtroppo rischia di non restare isolata, per un misto di scelte problematiche e sbagliate del governo regionale e di quello nazionale sulla sanità. È lo stesso sistema sanitario regionale a confermare, proprio in queste ore, che, se non si procederà a nuove assunzioni tra medici e infermieri, già nei prossimi anni potremmo arrivare alla chiusura di 5 ospedali in Veneto. E la soluzione non può essere quella di aprire le porte dei servizi di emergenza a personale non sufficientemente specializzato. Il lutto di un’intera comunità, quella di Sant’Angelo di Piove, ce lo ricorda». Il segretario del Partito Democratico del Veneto rivolge la sua critica anche alle scelte del Governo Meloni sui finanziamenti alla Sanità nella manovra di Bilancio: «Scelte che impatteranno ulteriormente e pesantemente sui bilanci regionali e sui servizi essenziali per i cittadini veneti». Il Governo aveva promesso miliardi al SSN, ma le cifre reali parlano di un’inadeguatezza delle risorse rispetto alle necessità di medici e infermieri, già costretti a scioperare il prossimo 20 novembre per condizioni salariali e lavorative precarie. «Avevano annunciato 3,5 miliardi per assumere 30.000 tra medici e infermieri nel triennio. Ma oggi ci troviamo a fare i conti con una dotazione insufficiente che non copre nemmeno le emergenze». Le conseguenze sono già evidenti in Veneto, con liste d’attesa sempre più lunghe, una carenza cronica di medici di famiglia, e una copertura insufficiente nei servizi territoriali e nella salute mentale. Mentre la sanità pubblica veneta, nella denuncia del segretario del PD, è sempre più a rischio di privatizzazione, lasciando molti cittadini scoperti nei servizi essenziali. «Zaia - conclude Martella - si era congratulato, solo pochi giorni fa, con il Governo per aver, sue parole, invertito la rotta sui finanziamenti alla sanità. La realtà però si è mostrata ben diversa. Al governatore chiediamo di spiegare come pensa di gestire i tagli piovuti da Roma senza danneggiare i veneti. Non basta la propaganda, non bastano i proclami, non basta tagliare nastri ogni due per tre: la realtà è che il Veneto sta arretrando nella qualità e accessibilità dei servizi sanitari».

  • Carceri, Martella: «Altro suicidio, per Venezia serve intervento urgente»

    «Un altro suicidio nel carcere di Santa Maria Maggiore a Venezia, il terzo in poco tempo nel penitenziario della nostra città e il 79esimo in Italia. Record terribili che non si possono tollerare. Di fronte all’ennesima morte volontaria di un recluso nell’istituto veneziano, avvenuta nonostante gli sforzi encomiabili dell’amministrazione del carcere di migliorare le condizioni, chiediamo al ministro Nordio un intervento urgente e straordinario. Non è più possibile far finta di nulla. Al Santa Maria Maggiore il sovraffollamento è superiore anche rispetto alla media dei penitenziari veneti che si attesta intorno al 130%. E’ un’emergenza assoluta che richiede soluzioni immediate, il ministro e il governo non possono girarsi dall’altra parte». Lo dice il senatore Andrea Martella , segretario del Pd in Veneto. «Come ho potuto constatare nel corso della mia recente visita alla casa circondariale di Santa Maria Maggiore con l’associazione Nessuno Tocchi Caino – continua Martella – siamo di fronte a una situazione che va affrontata subito. Va diminuito il sovraffollamento, servono risorse finanziarie e umane, in particolari agenti di polizia penitenziaria, personale sanitario, educatori, che possono svolgere un ruolo fondamentale. Occorre diminuire la pressione insostenibile delle condizioni di invivibilità sia per i detenuti che per il personale, e bisogna farlo subito». Nel carcere di Santa Maria Maggiore è il terzo suicidio dall'inizio dell'anno: un numero drammatico considerando il numero di detenuti totali. A Venezia si contano infatti 270 detenuti a fronte di una capienza di 159 posti, gestiti da 147 operatori di Polizia penitenziaria, quando ne servirebbero almeno 240. In Italia sono 62.110 i reclusi a fronte di meno di 47 mila posti disponibili. Sono ben oltre 15mila i detenuti in sovrannumero, cui fa da contraltare una penuria di agenti per oltre 18mila unità. A ciò si aggiungano 3 mila aggressioni alla Polizia penitenziaria che conta inoltre 7 suicidi.

  • Elezioni USA, Martella su vittoria Trump: «Dare risposte alla crisi della classe media»

    «Il popolo americano si è espresso e come democratici dobbiamo rispettare e riconoscere la vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali, senza ambiguità, a differenza di quanto accadde quattro anni fa proprio da parte sua e dei suoi sostenitori. La sacralità della democrazia è tale perché si fonda sul rispetto delle scelte popolari, anche quando non coincidono con i nostri desideri o valori. O anche quando alimentano le nostre preoccupazioni per gli equilibri geopolitici», dichiara Andrea Martella , segretario regionale del Partito Democratico Veneto, commentando l'esito delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Martella evidenzia come la vittoria di Trump sia un segnale che il fronte progressista deve cogliere, anche alle nostre latitudini: «È evidente che ampie fasce della classe media, ormai da tempo, si sentono escluse e impoverite. Questo accade in America come nel nostro Veneto. Molti cittadini percepiscono la globalizzazione e il progresso tecnologico come un processo che li lascia indietro. È un messaggio chiaro, che noi progressisti dobbiamo ascoltare e comprendere se vogliamo costruire una società davvero inclusiva». Il segretario regionale riconosce, infine, le sfide insite in una politica che non fa leva sulle paure o sulle divisioni: «A differenza della destra, non soffiamo sul fuoco del ‘noi contro loro’, delle paure e delle tensioni. Il nostro impegno, più arduo ma essenziale, è quello di proporre un’alternativa fondata su ragioni positive e condivise, e proprio per questo chiede una dedizione ancora maggiore. È uno sforzo che merita l’impegno collettivo di chi crede in una politica che non divide, ma unisce, e guarda al bene comune con speranza».

  • «Promettono autonomia, ma tagliano ai Comuni»

    Il PD Veneto contro la manovra di bilancio «Mentre con una mano firmano i proclami sull’autonomia, con l’altra tagliano i bilanci dei Comuni, i servizi degli enti locali, le risorse a disposizione dei territori per la sicurezza idrogeologica». È la denuncia del segretario del Partito Democrativo del Veneto, Andrea Martella , dopo l’analisi della manovra di Bilancio presentata dal governo Meloni. «Ma non è un paradosso: è l’esatta dimostrazione del fallimento di ogni promessa di autonomia, federalismo e sostegno ai territori. Di fronte alle difficoltà dei conti dello Stato, il governo fa la scelta più facile e insieme devastante: far pagare agli enti locali. E cioè, alla fine, ai cittadini. Perché quando Roma taglia i fondi di un Comune, o di una Provincia, questi dovranno a loro volta sacrificare i servizi per la popolazione, il sociale, la scuola, le manutenzioni, gli investimenti». Anci Veneto ha quantificato l’entità dei tagli per i Comuni e le Province del Veneto: quasi 1,4 miliardi di euro in meno nell’arco dei prossimi cinque anni in spesa corrente. Con sforbiciate crescenti fino al 2029: 140 milioni nel 2025, e poi 290 milioni per ogni anno dal 2026 al 2028, fino al picco di 490 milioni del 2029. Aggravando quindi il trend di tagli anche della manovra dello scorso anno. Ma c’è anche il capitolo dei fondi per gli investimenti: qui i tagli vanno a compromettere le azioni di messa in sicurezza e tutela del territorio. «Dal 2028 al 2030 - spiega il segretario PD -  i contributi ai Comuni veneti per interventi di messa in sicurezza di edifici e territorio saranno ridotti di 200 milioni di euro l’anno. Il fondo per le piccole opere nei Comuni con meno di mille abitanti subirà un definanziamento dal 2025, mentre dal 2027 al 2030 il fondo per la rigenerazione urbana perderà 200 milioni di euro l’anno. In altre parole, lasciamo i Comuni senza risorse necessarie per questi investimenti strategici, proprio in una fase storica in cui ogni giorno diventa più evidente la fragilità dei nostri territori di fronte agli effetti crescenti del cambiamento climatico». «L’impatto delle scelte del governo sui nostri territori sarà devastante - conclude Martella -, e porterà a un impoverimento reale dei cittadini, delle famiglie, delle nostre comunità. E proprio per questo annuncio che nelle prossime settimane focalizzeremo la nostra attenzione sui diversi fronti in cui la Manovra Meloni porterà conseguenze negative. Dal sociale alla scuola, dalle manutenzioni di edifici e strade alla messa in sicurezza contro le calamità naturali, dal trasporto pubblico alle opportunità per i giovani, faremo una grande operazione verità per denunciare gli effetti sul Veneto delle scelte della destra romana».

  • Al via petizione per progetto di legge a sostegno dei caregiver

    Promossa dal gruppo Pd in Consiglio regionale In occasione della Giornata Internazionale della Cura e dell’Assistenza, promossa dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro, il Gruppo consiliare del Partito Democratico lancia una petizione on line a sostegno del progetto di legge sui caregiver familiari, presentato alcune settimane fa”. Lo annunciano la consigliera regionale del Partito Democratico, e presentatrice del progetto di legge, Chiara Luisetto , assieme alla capogruppo dem Vanessa Camani . “Oggi si riflette in tutto il mondo - ricordano le due consigliere - sull'importanza del lavoro di cura come strumento essenziale per garantire dignità a chi è più fragile. Sono 249 milioni le donne che nel mondo sono impiegate nel lavoro di cura, 132 milioni gli uomini: un esercito silenzioso di persone che, gratuitamente e per ragioni affettive, stanno accanto a chi non può prendersi cura di sé. In Veneto manca una legge che le tuteli e le sostenga. Proprio in questa Giornata vogliamo lanciare una petizione popolare a sostegno della proposta di legge per il riconoscimento, la valorizzazione e il sostegno ai caregiver familiari. Per sottoscrivere la petizione e chiedere che la proposta di legge sia discussa al più presto e possa diventare legge si può firmare qui .

  • Per un’autonomia cooperativa per unire il Paese. No alla legge Calderoli

    Le assemblee congiunte PD Piemonte, Lombardia e Veneto approvano un documento con le proposte a favore delle istituzioni territoriali Sabato 19 ottobre a Brescia, le assemblee regionali del Partito Democratico della Lombardia, del Veneto e del Piemonte hanno approvato all’unanimità il documento “Per una autonomia cooperativa delle istituzioni territoriali”. Il documento costituisce la proposta del Partito democratico di Lombardia, Piemonte e Veneto, per un modello di Autonomia cooperativa che preveda il rafforzamento della rappresentanza delle autonomie locali in Parlamento, una revisione e una razionale attuazione del Titolo V della Costituzione per garantire sotto la competenza statale materie cruciali come la scuola, l'energia, le grandi reti di trasporto, il commercio estero e il decentramento delle funzioni agli enti territoriali con un adeguato e solidale trasferimento delle risorse. Durante il dibattito, introdotto da Ivo Rossi , responsabile per l’autonomia e il regionalismo del PD Veneto, sono intervenuti vari esponenti della Segreteria Nazionale, la Capogruppo del PD alla Camera dei Deputati Chiara Braga , il Sindaco di Milano Beppe Sala , la Sindaca di Bergamo Elena Carnevali , altri amministratori, il Capogruppo del PD in Regione Lombardia Pierfrancesco Majorino , la Capogruppo del PD in Regione Veneto Vanessa Camani  e la Capogruppo del PD in Regione Piemonte Gianna Pentenero . I lavori sono stati conclusi da Andrea Martella , Segretario del PD Veneto e da Silvia Roggiani , Segretaria del PD della Lombardia. È stata ribadita la netta contrarietà all’autonomia differenziata proposta da Calderoli, che non regge dal punto di vista giuridico ed economico, danneggia la competitività del nord del Paese e, con il rischio di creare venti diversi ordinamenti giuridici, complica la vita delle imprese e rende il Paese ingestibile. Si è sottolineata l’esigenza di un nuovo modello di regionalismo, davvero al servizio dei cittadini e dell’intero Paese. A questo primo appuntamento seguiranno altre iniziative in tutte le regioni del nord, con un confronto con le forze economiche e sociali per approfondire una proposta che risponda alle reali esigenze dell’economia e del territorio. Scarica il documento approvato dalle assemblee congiunte del PD Piemonte, Lombardia e Veneto

  • Autonomia: dalla stanca retorica alle sfide poste da un mondo profondamente cambiato

    Necessari parole e pensieri nuovi. La nostalgia del passato porta il Veneto fuori strada di Ivo Rossi* L’articolo 116 della Costituzione, da strumento per l’attribuzione alle regioni di circoscritte funzioni particolari, è stato trasformato nella versione leghista in un mezzo grossolano per richieste all’ingrosso: 23 materie, non una di meno, come se il rapporto fra lo Stato e le regioni fosse improntato ad una logica mercantile da suk mediorientale. Richieste in cui si confondono competenze legislative e competenze amministrative, talvolta inventate lì per lì come il rilascio dei passaporti, un po’ a casaccio, come la stessa richiesta di regionalizzazione del corpo dei vigili del fuoco che sono un esempio di buon funzionamento e che dunque sarebbe esiziale smembrare. E’ utile ricordare come quelle ”ulteriori forme e condizioni particolari  di autonomia... possono essere attribuite” siano state concepite come una facoltà residuale per consentire puntuali e circoscritti trasferimenti di funzioni rispondenti a esigenze specifiche. E “particolari” non è parola scritta a caso, tant’è che in Costituzione ricorre solo in un altro articolo, il 103, riguardante la giustizia amministrativa. I costituenti del 2001 avevano in mente un approccio radicalmente diverso dalla versione bulimica fatta di richieste massive e un tanto al chilo a cui assistiamo, che finirebbe per minare la necessaria unitarietà di molteplici politiche pubbliche del Paese, incidere sul già precario stato dei conti pubblici e disarticolare ancora di più la fragile architettura delle nostre istituzioni. L’estremizzazione che caratterizza ciclicamente la Lega quando si trova in difficoltà e torna alle origini, e lo stesso Zaia alla ricerca del suo quarto mandato, non aiuta la causa di una maggiore autonomia degli enti locali e delle regioni, che ha bisogno invece di serietà e rigore. La sovrabbondanza di parole ambigue, talvolta sgraziate e villane, addirittura nei confronti degli attuali ministri, spiega una parte delle ragioni dei dieci anni di chiacchiere spese a vuoto e dell’ostilità di una parte significativa anche della maggioranza di governo verso richieste improntate al continuo rilancio, a “palla alta” anziché al merito e allo spirito della costituzione. Leggi: la relazione introduttiva all’assemblea del Partito Democratico delle regioni Veneto, Lombardia, Piemonte Se l’obiettivo è quello di allargare i conflitti con i governi e di alimentare scontri con le altre regioni e le istituzioni della Repubblica, trasformando la “madre di tutte le battaglie” in un corpo a corpo tutto politico, bisogna dire che chi guida la nostra regione ci sta riuscendo. La logica di inventarsi ogni giorno un nemico contro cui combattere, se può servire per tenere alto il morale delle truppe – tanto più se consideriamo che l’eventuale conferimento di competenze deve essere approvato a maggioranza assoluta da parte delle Camere – difficilmente consentirà di raggiungere l’obiettivo. E’ necessario per questo tornare ad un dibattito che identifichi circoscritte specificità che giustificano le richieste. Non limitarsi a messe cantate, come nelle giornate celebrative, in cui le forze economiche e sociali vengono ridotte a spettatori mentre, omettendo il costoso pasticcio domestico della Pedemontana, si rivendicano le competenze sulle grandi infrastrutture. Vanno circoscritte le richieste, nello spirito e nel dettato della Costituzione, eliminando l’eccesso di ideologia in cui è stato trascinato il dibattito regionale. Leggi: Le assemblee congiunte PD Piemonte, Lombardia e Veneto approvano documento per l’autonomia cooperativa Il nuovo mondo in cui siamo entrati da vent’anni a questa parte, ha bisogno di parole e pensieri nuovi. Alcune previsioni di allora, come quella che consentiva di trasferire competenze in materia di approvvigionamento di energia, sono state cancellate dalla guerra che è tornata a bussare alle nostre porte. Lo stesso dicasi per altre materie, perché la storia ha camminato a velocità stratosferica ponendoci di fronte a sfide globali in cui le parole nostalgiche, figlie del piccolo è bello, ci porterebbero fuori strada. La globalizzazione sregolata sta lasciando il posto al reshoring  delle imprese. L’avvento di quella che viene definita Internet Society mostra lo strapotere dei social media globali che sfuggono alla regolazione ed è diventata refrattaria ad una disciplina non solo a scala territoriale ma addirittura europea. Per questo continuare a trasformare il futuro in un racconto che guarda con nostalgia al passato non solo è inutile ma è addirittura dannoso. Abbiamo invece sempre più bisogno di un Veneto con i piedi per terra, che conti in Italia, che non si isoli con battaglie di retroguardia che sanno di fuga. Un Veneto che sappia imprimere nuove traiettorie per cambiare questo Paese, intervenendo per correggere la rotta delle politiche nazionali. Questa politica si chiama: esercizio della responsabilità. Articolo originariamente pubblicato sul Corriere del Veneto * Responsabile del Forum Autonomia e Regionalismo del PD Veneto

  • DDL Montagna, un'occasione mancata

    Martella: «Un provvedimento vuoto di risorse e privo di misure concrete» Il disegno di legge sulla Montagna in discussione al Senato è «un’occasione mancata. S e aveva l'ambizione di produrre risposte alle attese delle comunità montane e delle aree interne e se si voleva dare un segnale chiaro sulla volontà unanime di porre le condizioni per un'inversione di tendenza rispetto alla preoccupante dinamica di spopolamento in atto, possiamo dire chiaramente che questi obiettivi non sono stati raggiunti. Sì, si sono fatti annunci di sviluppo e sostegno, ma alla prova dei fatti si ridimensionano i servizi pubblici, a partire da scuola e sanità, e non si investono risorse sufficienti ». Lo ha detto in Aula il senatore Andrea Martella , segretario regionale del Pd in Veneto. La montagna è «una realtà importante del nostro Paese», ha ricordato il senatore: «3.500 degli 8.000 comuni sono montani e sono abitati da 7 milioni di persone. Si dovrebbe quindi affrontare il tema con una visione ampia, ma le ambizioni di dare risposte alle comunità montane e alle aree interne vengono deluse da questo disegno di legge, che non stanzia sufficienti risorse». «Eppure disinvestire sulla montagna significa scarsa manutenzione idraulica, meno cura degli alvei dei fiumi e della forestazione, con conseguenze drammatiche a causa dei cambiamenti climatici. Ancora una volta siamo di fronte all'incoerenza della maggioranza tra i titoli del ddl e i fatti concreti. Che semplicemente, non ci sono». Il centrodestra, ha proseguito Martella, «è stato sordo all'esigenza di riclassificare i Comuni montani, di rideterminare il fabbisogno dei medici specialisti, di finanziare la telemedicina, di riconsiderare il criterio numerico per le scuole di montagna, di potenziare i servizi sociali, di dare incentivi alle giovani coppie, di sostenere la creazione di imprese, di potenziare le infrastrutture di collegamento fisico e digitale, di favorire il recupero del patrimonio edilizio pubblico e privato, di supportare le attività commerciali, le edicole, i distributori di carburante. Negando i servizi, i comuni di montagna continueranno a spopolarsi». I numeri sono impietosi. Le proiezioni elaborate dall'osservatorio economico e sociale di Treviso e di Belluno indicano che nel 2031 la Provincia di Belluno potrebbe ritrovarsi ad aver perso, rispetto al 2021, circa 7.500 abitanti, di cui 2.550 solo nel Cadore e nel trentennio compreso tra il 2001 e il 2031 si passerà da 43.800 a circa 60.300 ultrasessantacinquenni, con il conseguente aumento della pressione sui servizi sanitari e socioassistenziali, con tutto ciò che ne consegue in termini di tenuta dell'offerta in un territorio che per la sua orografia pone anche problemi di accesso ai servizi. Unica nota positiva l’approvazione di un emendamento proposto dal gruppo del Partito Democratico sul sostegno finanziario locale: Regioni e Comuni, nell'ambito delle proprie competenze, potranno definire ulteriori sistemi di agevolazione, riduzione ed esenzione da tasse, tributi e imposte di loro competenza. Leggi l'intervento completo del senatore Andrea Martella

  • Ambiente, 5 proposte per ‘Curare il Veneto’

    Stop al consumo di suolo, rinaturalizzazione delle cinture urbane, rigenerazione urbana, un piano per l’acqua, tutela dei fiumi e nuovi bacini di laminazione. Sono le cinque proposte che il Partito democratico del Veneto ha presentato oggi avviando la campagna ‘Curiamo il Veneto’. A fronte dei cambiamenti climatici che hanno fatto registrare in Veneto oltre 100 eventi meteorologici dal 2010 al 2023 di cui 85 negli ultimi sei anni, il segretario regionale Andrea Martella  sollecita «l’urgenza assoluta di agire, prendendo piena coscienza di come quelle ecologiche non siano questioni a sé stanti e di come non esistano due piani separati, uno ambientale e uno economico-sociale. In quest’ottica come Partito Democratico Veneto abbiamo elaborato una serie di proposte concrete per affrontare i cambiamenti climatici e adattare di conseguenza le nostre città e i nostri territori. L’auspicio è che diventino patrimonio comune, oggetto di dibattito pubblico e di confronto istituzionale. È tempo di capire che la crescita dei prossimi anni o sarà sostenibile o non sarà. È la sfida alla quale è chiamata la politica, sia sul piano nazionale, sia a livello europeo e globale. La tutela del territorio, la difesa del suolo e la sicurezza idrogeologica devono diventare una vera e propria priorità per la nostra regione». «Il cambiamento climatico determina il bisogno di una grande opera di riassetto del territorio, di infrastrutture ambientali che lo mettano in sicurezza e di interventi di prevenzione legati ai rischi naturali, di rigenerazione e di rinaturalizzazione di tante aree antropizzate e spesso abbandonate con lo stop al consumo di suolo», afferma il responsabile del Forum regionale Ambiente e Infrastrutture del PD veneto, Matteo Favero . «Sono azioni che producono posti di lavoro, bellezza e difesa del nostro ambiente». Le 5 proposte del Partito Democratico 1. STOP AL CONSUMO DI SUOLO Fermare subito il consumo di suolo è fondamentale. Serve una revisione della legge regionale n. 14/2017 sul consumo di suolo – che ha moltiplicato le superfici edificabili – con il fine di eliminare tutte le deroghe e per impedire nuovi interventi che minacciano il territorio. 2. RINATURALIZZAZIONE DELLE CINTURE URBANE E DELOCALIZZAZIONE DEGLI EDIFICI A RISCHIO La rinaturalizzazione delle cinture urbane e delle zone di esondazione, in particolare vicino ai fiumi, è essenziale per prevenire disastri naturali e proteggere le nostre comunità. Gli edifici costruiti in aree a rischio devono, quando possibile, essere delocalizzati per ridurre la vulnerabilità del territorio. 3. RIGENERAZIONE URBANA E CITTÀ RESILIENTI Le nostre città devono essere ripensate con azioni di rigenerazione urbana, forestazione e depavimentazione delle aree cementificate. Sono necessari il recupero di edifici abbandonati e la riconversione di aree industriali, insieme a investimenti in infrastrutture resilienti, capaci di resistere a eventi climatici estremi. In questo modo le nostre città saranno più belle, sicure, e sostenibili. 4. PIANO PER L’ACQUA E INVASI L 'acqua è una risorsa vitale e va gestita con attenzione. È perciò giusto realizzare nuovi invasi per migliorare la gestione delle risorse idriche, prevenire le piene e garantire l’approvvigionamento durante i periodi di siccità. La tutela delle nostre riserve idriche è una priorità per il futuro di tutti. 5. TUTELA DEI FIUMI VENETI E BACINI DI LAMINAZIONE I fiumi veneti, fortemente antropizzati – come il Piave – e messi sotto pressione dai cambiamenti climatici, richiedono interventi urgenti. È necessaria una gestione condivisa con i cittadini dei nostri fiumi con misure integrate per la sicurezza idraulica, come la realizzazione dei bacini di laminazione (rispetto a quelli già previsti ne mancano 10 su 23) per regolare le piene e proteggere il territorio. Va inoltre salvaguardata la biodiversità attraverso la conservazione degli habitat naturali e il miglioramento della qualità delle acque. Scarica il documento con le 5 proposte per 'Curare il Veneto'

  • Nucleare: Marghera merita di meglio

    di Andrea Ferrazzi Qualche giorno fa Renato Brunetta ha proposto il sito di Porto Marghera come sede di una centrale nucleare. I giornali riportano il sostegno da parte dell’amministrazione comunale di Venezia. Da qui si è sollevato un dibattito molto acceso e non privo di polemiche, alimentate anche dal fatto che i cittadini di Marghera, del comune e dell’area metropolitana sono stanchi di vedere questo straordinario luogo ancora una volta pensato come discarica o sede di impianti pericolosi. Cittadini che chiedono uno sviluppo di qualità e una rigenerazione industriale capace di creare processi di crescita e sviluppo sostenibile in chiave ambientale, sociale ed economica. Il dibattito sul nucleare in Italia è storicamente segnato dai due referendum del 1987 e del 2011, che hanno bocciato a stragrande maggioranza il nucleare da fissione, in un contesto di crescente preoccupazione per la sicurezza, la salute e l’impatto ambientale. Da vicepresidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle ecoreati ho personalmente seguito nella scorsa legislatura l’inchiesta sui depositi delle scorie radioattive in Italia. Da decenni sono sparse in numerosi siti (alcuni dei quali estremamente insicuri) e non si riesce a trovare il luogo dove costruire il sito unico per la destinazione finale. Negli ultimi mesi si è tornati a parlare di nucleare, in particolare della fissione di quarta generazione. Dati alla mano, le promesse di tecnologie più sicure e sostenibili si scontrano con i dati di realtà. Non esistono processi industriali attivi né progetti esecutivi da qui ad almeno il 2030. Gli impianti di quarta generazione, che potrebbero ridurre il rischio di incidenti e migliorare l’efficienza energetica, sono ancora in fase di ricerca e sviluppo, e si prevede che richiederanno molti anni prima di diventare operativi. Questo porta a considerare i costi: investire nel nucleare significa affrontare spese iniziali che si aggirano tra i 6 e i 9 miliardi di euro per centrale, con tempi di costruzione che superano abbondantemente i 10 anni. L’ultima centrale entrata in funzione, quella di Olkiluoto in Finlandia, a regime dal 2022, ha avuto 12 anni di ritardo nei tempi di costruzione (in tutto 20) e costi triplicati (dai 3,2 miliardi iniziali ai 10 a fine lavori). Per ammortizzare tale mole di spesa il costo a Mw/h dell’energia prodotta ammonta a 130€, più del doppio rispetto alle rinnovabili. Va detto, peraltro, che la politica energetica europea orientata dal Repower EU, prevede il nucleare come fonte possibile, ma evidentemente per i paesi che già hanno al loro interno impianti in esercizio da rinnovare. Partire da zero, invece, oltre al problema dei costi, porterebbe ben oltre i tempi previsti dall’obiettivo della neutralità carbonica al 2050. Le stesse previsioni sul nucleare a livello globale parlano di un contributo ridotto: il World energy outlook 2024 - IEA stima che al 2035 il nucleare fornirà solo il 3,7% dell'energia mondiale, in un contesto in cui le fonti rinnovabili stanno guadagnando rapidamente terreno, anche a fronte delle decisioni della Conferenza delle parti delle Nazioni unite. Lo stesso investimento nel nucleare potrebbe distrarre risorse e attenzione dalle vere soluzioni per l’autonomia energetica del nostro paese: le energie rinnovabili. Il solare, l'eolico, il geotermico, l’Idrogeno verde. Fonti che rappresentano non solo un'opzione sostenibile, ma anche una via per ridurre la dipendenza da fonti esterne, promuovere l'innovazione tecnologica, fornire a famiglie e imprese energia a basso costo. Da seguire con attenzione è qnche la ricerca sulla fusione nucleare, che può offrire prospettive promettenti. Questa tecnologia, che mira a replicare i processi energetici del Sole, potrebbe fornire energia quasi illimitata e sostanzialmente priva di scorie. Sono decine i progetti in più parti del mondo, come ITER, in fase di sviluppo in Francia. Ma soprattutto vanno spinte le rinnovabili, le uniche in grado di creare ricchezza durevole e sicurezza per la salute e l’ambiente. La loro cosiddetta intermittenza, peraltro, ha già numerose soluzioni, quali la produzione di idrogeno da elettrolisi nelle ore di eccesso di produzione. Idrogeno che può essere stoccato e traspirato quando e dove serve. Di questo ha bisogno Marghera, di questo ha bisogno il nostro paese.

  • Autonomia, Martella: «Zaia la smetta con la propaganda e le bugie»

    «Io capisco che, in questa fantomatica ‘giornata dell’autonomia’ in corso a Venezia, le ragioni della propaganda portino a fare affermazioni forti. Ma c’è un limite a tutto e quello del buon senso non è valicabile. Il presidente Zaia, in questo vuoto pneumatico auto celebrativo costituito da questa ‘giornata’ farebbe bene a non citare la Costituzione, visto che il Premierato caro alla destra la colpisce pesantemente alterandone gli equilibri e visto che nella nostra Carta il principio dell’autonomia è scritto accanto a quello della sussidiarietà. Principio del tutto ignorato dall’autonomia differenziata di Calderoli che, creando diversi ordinamenti giuridici, rischia di rendere il Paese ingestibile e complicare la vita dei cittadini e delle imprese. Così come farebbe bene a lasciare in pace autorevoli personalità delle nostre istituzioni, che non ci sono più, come il Presidente Giorgio Napolitano, richiamandone  strumentalmente il pensiero. Questa pseudo festa è l'ennesima cortina fumogena per distrarre l'opinione pubblica dall'affanno della sua azione di governo e dal fatto che lo stesso Zaia sa che questa autonomia non la vogliono nemmeno i suoi alleati. Noi non siamo contro l’autonomia e abbiamo avanzato in tutte le sedi le nostre proposte ma ribadiamo la nostra contrarietà a quella differenziata proposta dal governo. Zaia la smetta di dire bugie ai cittadini del Veneto». Così il senatore Andrea Martella , segretario regionale del Pd del Veneto.

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