Necessari parole e pensieri nuovi. La nostalgia del passato porta il Veneto fuori strada

di Ivo Rossi*
L’articolo 116 della Costituzione, da strumento per l’attribuzione alle regioni di circoscritte funzioni particolari, è stato trasformato nella versione leghista in un mezzo grossolano per richieste all’ingrosso: 23 materie, non una di meno, come se il rapporto fra lo Stato e le regioni fosse improntato ad una logica mercantile da suk mediorientale.
Richieste in cui si confondono competenze legislative e competenze amministrative, talvolta inventate lì per lì come il rilascio dei passaporti, un po’ a casaccio, come la stessa richiesta di regionalizzazione del corpo dei vigili del fuoco che sono un esempio di buon funzionamento e che dunque sarebbe esiziale smembrare.
E’ utile ricordare come quelle ”ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia... possono essere attribuite” siano state concepite come una facoltà residuale per consentire puntuali e circoscritti trasferimenti di funzioni rispondenti a esigenze specifiche. E “particolari” non è parola scritta a caso, tant’è che in Costituzione ricorre solo in un altro articolo, il 103, riguardante la giustizia amministrativa. I costituenti del 2001 avevano in mente un approccio radicalmente diverso dalla versione bulimica fatta di richieste massive e un tanto al chilo a cui assistiamo, che finirebbe per minare la necessaria unitarietà di molteplici politiche pubbliche del Paese, incidere sul già precario stato dei conti pubblici e disarticolare ancora di più la fragile architettura delle nostre istituzioni.
L’estremizzazione che caratterizza ciclicamente la Lega quando si trova in difficoltà e torna alle origini, e lo stesso Zaia alla ricerca del suo quarto mandato, non aiuta la causa di una maggiore autonomia degli enti locali e delle regioni, che ha bisogno invece di serietà e rigore. La sovrabbondanza di parole ambigue, talvolta sgraziate e villane, addirittura nei confronti degli attuali ministri, spiega una parte delle ragioni dei dieci anni di chiacchiere spese a vuoto e dell’ostilità di una parte significativa anche della maggioranza di governo verso richieste improntate al continuo rilancio, a “palla alta” anziché al merito e allo spirito della costituzione.
Se l’obiettivo è quello di allargare i conflitti con i governi e di alimentare scontri con le altre regioni e le istituzioni della Repubblica, trasformando la “madre di tutte le battaglie” in un corpo a corpo tutto politico, bisogna dire che chi guida la nostra regione ci sta riuscendo. La logica di inventarsi ogni giorno un nemico contro cui combattere, se può servire per tenere alto il morale delle truppe – tanto più se consideriamo che l’eventuale conferimento di competenze deve essere approvato a maggioranza assoluta da parte delle Camere – difficilmente consentirà di raggiungere l’obiettivo.
E’ necessario per questo tornare ad un dibattito che identifichi circoscritte specificità che giustificano le richieste. Non limitarsi a messe cantate, come nelle giornate celebrative, in cui le forze economiche e sociali vengono ridotte a spettatori mentre, omettendo il costoso pasticcio domestico della Pedemontana, si rivendicano le competenze sulle grandi infrastrutture. Vanno circoscritte le richieste, nello spirito e nel dettato della Costituzione, eliminando l’eccesso di ideologia in cui è stato trascinato il dibattito regionale.
Il nuovo mondo in cui siamo entrati da vent’anni a questa parte, ha bisogno di parole e pensieri nuovi. Alcune previsioni di allora, come quella che consentiva di trasferire competenze in materia di approvvigionamento di energia, sono state cancellate dalla guerra che è tornata a bussare alle nostre porte. Lo stesso dicasi per altre materie, perché la storia ha camminato a velocità stratosferica ponendoci di fronte a sfide globali in cui le parole nostalgiche, figlie del piccolo è bello, ci porterebbero fuori strada. La globalizzazione sregolata sta lasciando il posto al reshoring delle imprese. L’avvento di quella che viene definita Internet Society mostra lo strapotere dei social media globali che sfuggono alla regolazione ed è diventata refrattaria ad una disciplina non solo a scala territoriale ma addirittura europea. Per questo continuare a trasformare il futuro in un racconto che guarda con nostalgia al passato non solo è inutile ma è addirittura dannoso.
Abbiamo invece sempre più bisogno di un Veneto con i piedi per terra, che conti in Italia, che non si isoli con battaglie di retroguardia che sanno di fuga. Un Veneto che sappia imprimere nuove traiettorie per cambiare questo Paese, intervenendo per correggere la rotta delle politiche nazionali. Questa politica si chiama: esercizio della responsabilità.
Articolo originariamente pubblicato sul Corriere del Veneto
* Responsabile del Forum Autonomia e Regionalismo del PD Veneto