di Andrea Ferrazzi

Qualche giorno fa Renato Brunetta ha proposto il sito di Porto Marghera come sede di una centrale nucleare. I giornali riportano il sostegno da parte dell’amministrazione comunale di Venezia. Da qui si è sollevato un dibattito molto acceso e non privo di polemiche, alimentate anche dal fatto che i cittadini di Marghera, del comune e dell’area metropolitana sono stanchi di vedere questo straordinario luogo ancora una volta pensato come discarica o sede di impianti pericolosi. Cittadini che chiedono uno sviluppo di qualità e una rigenerazione industriale capace di creare processi di crescita e sviluppo sostenibile in chiave ambientale, sociale ed economica.
Il dibattito sul nucleare in Italia è storicamente segnato dai due referendum del 1987 e del 2011, che hanno bocciato a stragrande maggioranza il nucleare da fissione, in un contesto di crescente preoccupazione per la sicurezza, la salute e l’impatto ambientale.
Da vicepresidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle ecoreati ho personalmente seguito nella scorsa legislatura l’inchiesta sui depositi delle scorie radioattive in Italia. Da decenni sono sparse in numerosi siti (alcuni dei quali estremamente insicuri) e non si riesce a trovare il luogo dove costruire il sito unico per la destinazione finale.
Negli ultimi mesi si è tornati a parlare di nucleare, in particolare della fissione di quarta generazione. Dati alla mano, le promesse di tecnologie più sicure e sostenibili si scontrano con i dati di realtà. Non esistono processi industriali attivi né progetti esecutivi da qui ad almeno il 2030. Gli impianti di quarta generazione, che potrebbero ridurre il rischio di incidenti e migliorare l’efficienza energetica, sono ancora in fase di ricerca e sviluppo, e si prevede che richiederanno molti anni prima di diventare operativi. Questo porta a considerare i costi: investire nel nucleare significa affrontare spese iniziali che si aggirano tra i 6 e i 9 miliardi di euro per centrale, con tempi di costruzione che superano abbondantemente i 10 anni. L’ultima centrale entrata in funzione, quella di Olkiluoto in Finlandia, a regime dal 2022, ha avuto 12 anni di ritardo nei tempi di costruzione (in tutto 20) e costi triplicati (dai 3,2 miliardi iniziali ai 10 a fine lavori). Per ammortizzare tale mole di spesa il costo a Mw/h dell’energia prodotta ammonta a 130€, più del doppio rispetto alle rinnovabili.
Va detto, peraltro, che la politica energetica europea orientata dal Repower EU, prevede il nucleare come fonte possibile, ma evidentemente per i paesi che già hanno al loro interno impianti in esercizio da rinnovare. Partire da zero, invece, oltre al problema dei costi, porterebbe ben oltre i tempi previsti dall’obiettivo della neutralità carbonica al 2050. Le stesse previsioni sul nucleare a livello globale parlano di un contributo ridotto: il World energy outlook 2024 - IEA stima che al 2035 il nucleare fornirà solo il 3,7% dell'energia mondiale, in un contesto in cui le fonti rinnovabili stanno guadagnando rapidamente terreno, anche a fronte delle decisioni della Conferenza delle parti delle Nazioni unite. Lo stesso investimento nel nucleare potrebbe distrarre risorse e attenzione dalle vere soluzioni per l’autonomia energetica del nostro paese: le energie rinnovabili. Il solare, l'eolico, il geotermico, l’Idrogeno verde. Fonti che rappresentano non solo un'opzione sostenibile, ma anche una via per ridurre la dipendenza da fonti esterne, promuovere l'innovazione tecnologica, fornire a famiglie e imprese energia a basso costo.
Da seguire con attenzione è qnche la ricerca sulla fusione nucleare, che può offrire prospettive promettenti. Questa tecnologia, che mira a replicare i processi energetici del Sole, potrebbe fornire energia quasi illimitata e sostanzialmente priva di scorie. Sono decine i progetti in più parti del mondo, come ITER, in fase di sviluppo in Francia. Ma soprattutto vanno spinte le rinnovabili, le uniche in grado di creare ricchezza durevole e sicurezza per la salute e l’ambiente. La loro cosiddetta intermittenza, peraltro, ha già numerose soluzioni, quali la produzione di idrogeno da elettrolisi nelle ore di eccesso di produzione. Idrogeno che può essere stoccato e traspirato quando e dove serve. Di questo ha bisogno Marghera, di questo ha bisogno il nostro paese.