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Mancano migliaia di Medici di famiglia: i nodi sono arrivati al pettine

Migliaia di cittadini in tutto il Veneto stanno raccogliendo le firme per rimarcare la grave carenza di medici di famiglia che lascia in molti casi intere comunità senza il presidio sanitario di base.

«Il problema è enorme», afferma Claudio Beltramello, coordinatore del gruppo regionale del Partito democratico su Sanità e Sociale, «e dipende da molteplici fattori. Primo, l’errata programmazione del numero di borse di studio per formare nuovi Medici di famiglia. Oggi sono 300 l’anno, fino al 2021 erano 250. Numeri minuscoli rispetto ai bisogni e la situazione diventa ancora più paradossale pensando che di medici già laureati in attesa di specializzazione ce n’erano (e ce ne sono) davvero tantissimi».

Un secondo fattore, prosegue Beltramello, «sono i pensionamenti anticipati rispetto all’età massima cui un Medico di famiglia può andare in pensione, ovvero 70 anni. In questi due anni l’esasperazione dovuta al sovraccarico di lavoro e al senso di abbandono da parte delle istituzioni ha giocato un ruolo chiave per portare alla pensione anticipata moltissimi medici che avrebbero potuto lavorare almeno per altri 3-4 anni».

Da ultimo, rileva il coordinatore «la scarsissima attrattività per i giovani medici delle sostituzioni a tempo determinato dei Medici di famiglia: troppo lavoro complesso e retribuito davvero troppo poco. Tanto che la stragrande maggioranza preferisce le Usca o i centri vaccinali».

«L’aumento esponenziale dei carichi di lavoro per i Medici di famiglia richiede una migliore e diversa programmazione del sistema sanitario regionale», afferma il segretario del Partito democratico Andrea Martella: «i Medici di famiglia hanno costituito l’infrastruttura che ha messo al riparo gli ospedali dal sovraccarico di degenze durante tutto l’arco della pandemia. Va riconosciuto questo lavoro di grande valore sociale ma anche economico. Le quote di borse di studio regionale vanno certamente aumentate, come pure vanno potenziati i servizi degli studi medici per alleggerire il carico burocratico, il contatto con i pazienti e consentire ai professionisti di fare al meglio quanto sono preparati a fare: curare le persone. Qualsiasi altra soluzione rappresenterebbe una scorciatoia per favorire lo sviluppo della sanità privata a scapito del sistema pubblico».

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