Dare ai veneti il sistema di servizi sociali di cui necessitano e di cui ha bisogno una popolazione in costante invecchiamento. È il messaggio offerto da VICINO, l'iniziativa del gruppo consiliare del Partito democratico veneto che a Vicenza il 15 giugno ha riunito realtà del terzo settore, rappresentanti di enti locali, organizzazioni sindacali e personale del vasto mondo di chi si occupa a diverso titolo della fragilità e della cura.
Parlare di politiche sociali e delle norme che ne riorganizzano la gestione significa, prima di tutto, affrontare questioni che riguardano direttamente la vita delle persone, nella sua dimensione più fragile ed esposta alla solitudine.
Nel 2050 in Veneto ogni cento persone 66 saranno anziani. Un dato al quale si aggiungono i numeri in crescita su nuove povertà, disabilità, carenza abitativa.
«È stata un’iniziativa ricca di condivisione e confronto, che ha voluto dimostrare da dove nasce la nostra proposta per i nuovi Ambiti Territoriali Sociali (ATS) del Veneto, e qual è stato il nostro contributo per migliorare una legge che per molti aspetti non ritenevamo condivisibile», afferma la consigliera regionale Chiara Luisetto, correlatrice del progetto di legge sugli ATS.
La legge sugli Ambiti Territoriali Sociali recentemente approvata dal Consiglio regionale del Veneto è, dunque, proprio per la delicatezza del suo oggetto, uno degli atti più importanti di questa legislatura.
Il Veneto è l'ultima Regione in Italia a dare concretezza alle previsioni contenute nella legge n. 328 del 2000, che già allora affidava agli ATS la gestione dei servizi sociali. Un ritardo silente e dannoso, destinato a pesare sulla sfida alla quale sono chiamati questi nuovi strumenti: essere il punto di riferimento per programmare, gestire e coordinare i servizi sociali, cambiando, nella sostanza, il modo di affrontare i bisogni e di pianificarne soluzioni e sostegni.
Con la Legge di Stabilità del 2016 e l’istituzione del “Fondo per la lotta alla po- vertà e all’esclusione sociale”, il governo ha iniziato ad assegnare le risorse di- rettamente agli Ambiti anziché ai singoli Comuni. La Giunta regionale, di fronte all’arrivo di questi finanziamenti statali, e su richiesta del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha individuato così, per la prima volta, gli ATS del Veneto e il loro perimetro, coincidente con il territorio delle 21 ex Aziende ULSS.
Emerge, dunque, non solo il ritardo, ma anche una notevole superficialità da par- te della Giunta, che, non investendo risorse e non offrendo alcuna indicazione, neppure organizzativa, sull’attivazione degli ATS, ha scaricato in buona sostanza sugli enti locali il compito di costruire l’Ambito, impostare la gestione associata e mettere a terra i progetti.
Tutto questo mentre Regioni come Emilia Romagna e Piemonte, da decenni si confrontano con modelli organizzativi nuovi e consolidavano progettualità, strategie di intervento e budget. Peraltro in Veneto, già dai primi anni 2000, le risposte risultavano notevolmente differenti da un territorio all’altro, con Comuni propensi a spendere di più e altri molto meno. Si è delineato così nel tempo un quadro di profonda e immotivata disomogeneità, spesso senza alcuna correlazione tra risorse impegnate e bisogno delle popolazioni interessate.