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Zardini: Referendum sia proposta per autonomia differenziata

Dopo due anni dal via libera della Corte Costituzionale al referendum sull’autonomia, il 21 aprile scorso il Presidente del Veneto si è deciso finalmente a fissare la data per la sua celebrazione, il 22 ottobre 2017. Nonostante i toni utilizzati finora da Luca Zaia, non si tratta della consultazione di una parte politica. Infatti la Consulta ha ritenuto l’utilizzo di questo strumento di democrazia diretta utile a tutti i veneti per far sentire la loro richiesta di giustizia fiscale, di semplificazione e di strumenti di buon governo analoghi a quelli che hanno le regioni a Statuto speciale confinanti, proprio per affrontare le sfide attuali e del futuro e rispondere così ai bisogni delle nostre famiglie, dei nostri giovani e del tessuto socio-economico nel suo insieme. La Va registrato, purtroppo, il grave ritardo accumulato dalla Regione Veneto. Già 16 anni fa la Riforma del titolo V della Costituzione prevedeva la possibilità che Regioni e Stato contrattassero forme di autonomia su una serie di materie importantissime. La classe dirigente al governo del Veneto finora ha solo lanciato proclami ma mai ha avuto la capacità, la forza e l’interesse di avviare una seria trattativa per aumentare gli spazi di autonomia regolamentare, rispetto alle competenze e, di conseguenza, anche fiscale. Intanto, cittadini e imprese di questa regione stanno ancora aspettando soluzioni concrete in tema fiscale, ma anche ambientale, energetico, sul commercio estero, sulla ricerca universitaria, sulle infrastrutture, sull’istruzione, sulla sicurezza e sui beni culturali. Secondo uno studio pubblicato nel 2013, l’applicazione dell’articolo 116 della Costituzione, in Veneto comporterebbe uno spostamento di risorse di oltre 4 punti del Pil regionale, mentre la gestione a livello locale delle risorse avrebbe ”un effetto volano” sul Pil pro-capite, che potrebbe così crescere del 9,2 %. In sostanza, l’aumento delle competenza determina un incremento della ricchezza regionale e, nello stesso tempo, favorisce l’erogazione di servizi più efficiente e più vicino alle esigenze dei cittadini in ragione della sua allocazione. La differenziazione dell’autonomia regionale diventa così uno scenario possibile anche per le regioni di diritto comune, con la conseguenza che le tipologie diventano così tre: la specialità storica, l’autonomia di diritto comune disegnata dalle norme del titolo V, il regionalismo differenziato. Checché ne dica il Presidente Zaia, l’autonomia sul modello delle Province autonome di Trento e Bolzano risulta pertanto non perseguibile. Zaia peraltro ha già perso tempo prezioso, per il tergiversare sulla data della convocazione, al punto che Roberto Maroni ha assunto di recente un’analoga iniziativa referendaria per la Lombardia, che temo non gioverà politicamente alla causa veneta. Risulta opportuno quindi che i partiti e i movimenti politici inizino finalmente a informare i cittadini sui contenuti e i benefici concreti del progetto di autonomia differenziata che verrà proposto al Governo, dopo il referendum, che ha “un valore propedeutico”, come ha sottolineato la Consulta. Il 22 ottobre può essere una data significativa: dopo 151 anni dalla prima volta in cui fu consentito ai veneti di decidere con un plebiscito l’unione all’Italia, potremo esprimerci con uno strumento di democrazia diretta anche sul bisogno di autonomia di un popolo la cui cultura di autogoverno ha le sue radici secolari nella Serenissima. on. Diego Zardini

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