Il Partito democratico deve evidenziare le contraddizioni di Zaia, evitare la subalternità e rilanciare le politiche per il lavoro per contrastare le nuove povertà
di Graziano Azzalin* Nel 2017 occorre un cambio di passo: come Partito Democratico dobbiamo evidenziare tutte le contraddizioni di Zaia e della sua giunta, mettendo contemporaneamente in campo proposte concrete per i veneti. Ci vuole meno sudditanza, il Pd non si sta proponendo come vera alternativa di governo e se scimmiottiamo la maggioranza siamo condannati alla subalternità. Nelle ultime settimane del 2016 il presidente ha dimostrato, se ce ne fosse ancora bisogno, quanto sia distante dai problemi reali dei cittadini. A cui offre dei ‘diversivi’, a cominciare dal referendum sull’autonomia, 14 milioni di euro letteralmente buttati per una costosissima azione politica di pura propaganda personale. Fa specie che esponenti del centrosinistra, per esclusive ragioni di visibilità, si prestino a questo gioco. Zaia ancora non è venuto in aula a dirci cosa intende per autonomia, facendo spesso confusione, voluta, con indipendenza e secessione a seconda delle convenienze elettorali. Ci spieghi in Consiglio in cosa consiste questa autonomia, su cui in realtà i veneti hanno già dato un parere favorevole, visto che era nel suo programma elettorale: se otterrà i 4/5 dei voti dei consiglieri vada a trattare direttamente con il governo, forte di un mandato pesante, risparmiando 14 milioni che potranno essere utilizzati in modo migliore. Perché le priorità per il Veneto sono altre, a partire dalle politiche per il lavoro che sono del tutto assenti. Penso, per fare un esempio, al Fondo di solidarietà della Fondazione Cariparo, che in un anno e mezzo, con un investimento di un milione e 600 mila euro, ha avviato un migliaio di progetti di lavoro. Con 14 milioni quanti posti si potrebbero creare, considerando anche l’indotto? Dobbiamo fare i conti con queste situazioni di nuove povertà o pensiamo che la gente possa mangiare con l’autonomia? Serve anche una gestione diversa del territorio, in una regione che è la seconda in Italia per consumo di suolo, con una legge che da troppo tempo è ferma in commissione, mentre in aula si discute del bilinguismo. Appare evidente che il referendum sia la foglia di fico per coprire la totale assenza di programmazione da parte di questa giunta, emersa chiaramente nel collegato al Bilancio, dove è stato inserita qualsiasi cosa, arrivando allo scontro con i territori che non stati ascoltati. Zaia è riuscito nell’impresa di fare arrabbiare tutti: dalla legge che va a demolire le aree protette, come il Parco dei Colli Euganei, a quella sulle cave, dove da 34 anni stiamo aspettando il Piano regionale, adesso imposto dal Tar. Discorso analogo per le Ipab, la cui riforma è attesa dal 2000, unica Regione inadempiente. Zaia parla di autonomia, poi però le sua azioni vanno in direzione diametralmente opposta, puntando su un centralismo assoluto, come testimonia anche il caso della Provincia di Belluno, ‘scippata’ delle proprie specificità. E il Partito Democratico deve ripartire proprio da qua, facendo una vera opposizione che parta dall’ascolto dei territori per togliere ogni alibi a una maggioranza davvero indifendibile. * Consigliere regionale Partito Democratico