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Immigrazione: ha ragione Boeri o Salvini?

L’approfondimento dopo la polemica tra il presidente del’Inps e il ministro dell’Interno: gli stranieri sono utili o dannosi per l’economia?

di Gianpiero Dalla Zuanna* Dal punto di vista strettamente demografico, è negativo perdere ogni anno, per i prossimi vent’anni, 300 mila persone in età 20-64. È ciò che accadrà, necessariamente, se non ci saranno migrazioni, perché le persone con 45-64 anni, i figli del baby boom, sono molto più numerosi degli attuali bambini e giovani. Il presidente dell’INPS Boeri, giustamente, si preoccupa dell’equilibrio del sistema pensionistico, che sarà sempre più precario se il numero di lavoratori diminuirà, mentre il numero di anziani non potrà che crescere. Gli italiani con più di 65 anni oggi sono 13,5 milioni, saranno 17 milioni nel 2028 e 19 milioni nel 2038. Anche se il numero di nati raddoppiasse, tornando ai livelli dei mitici anni Sessanta, quando gli attuali 50-60enni avevano i calzoni corti, per i prossimi vent’anni i nuovi nati non sarebbero ovviamente in condizione di lavorare. Tuttavia, nell’Italia di oggi, per le persone di età 20-54, la disoccupazione è ancora molto più alta e l’occupazione più bassa rispetto a prima della crisi, specialmente – ma non solo – nel Mezzogiorno. Inoltre, l’occupazione delle donne è ancora più bassa rispetto alla media europea. La disoccupazione è molto aumentata anche fra gli stranieri che vivono in Italia, fra i quali la povertà è oggi cinque volte più diffusa che fra gli italiani.

Quindi, oggi lo spazio di lavoro per gli stranieri non qualificati è molto, molto minore rispetto al primo decennio del secolo. Anche perché è crollata l’occupazione nell’edilizia, e dopo la ristrutturazione post-crisi molte aziende cercano lavoro specializzato piuttosto che lavoro generico. Molti stranieri che ottengono la cittadinanza italiana (sono stati 200 mila nel 2017) partono immediatamente verso la Germania, il Canada, il Regno Unito e gli Stati Uniti dove – da italiani – possono andare senza visto, dove la disoccupazione è molto più bassa che in Italia, e dove il mercato del lavoro è più flessibile. Se oggi i richiedenti asilo fossero liberi di spostarsi per l’Unione Europea, i centri di raccolta si svuoterebbero in un battibaleno… Ci sarebbe molto altro da dire, ma quanto detto è sufficiente per trarre alcune conclusioni politiche. Oggi in Italia il numero di disoccupati e di sotto-occupati è tale da sconsigliare l’apertura a nuove quote di immigrati, fatti salvi i ricongiungimenti familiari e le immigrazioni altamente qualificate. Piuttosto, vanno integrati al meglio e rapidamente i 500 mila stranieri irregolari che oggi vivono in Italia, perché sarà possibile rimpatriare solo una piccola parte di loro: oggi viene effettivamente rimpatriato appena un irregolare identificato ogni cinque. Solo per un breve periodo, dopo la grande regolarizzazione del ministro leghista Maroni, seguita alla legge Bossi-Fini del 2002, si riuscì a rimpatriare un irregolare identificato ogni due, proprio perché si era prima “svuotato” il bacino di 700 mila irregolari. Andrebbe poi messo in atto un grande piano di regolarizzazione del lavoro domestico, del lavoro stagionale agricolo, e così via, anche per bloccare l’indecente sfruttamento di tanta povera gente, italiana e straniera. La nuova legge contro il caporalato va applicata con maggior vigore e intensità. Insomma, chi ha un lavoro dovrebbe poter stare in Italia regolarmente, nello spirito che ha ispirato le leggi sulle immigrazioni, dalla Martelli del 1990 in poi. Seguendo questa logica, per i 150 mila richiedenti asilo in attesa di risposta andrebbero resi obbligatori corsi intensivi di italiano e di formazione professionale, oltre a stage nelle aziende che non riescono a trovare personale. Sono molte, specialmente nei distretti del Nord. Ma – più di tutto – non andrebbe interrotta, anzi andrebbe irrobustita la ripresa economica, che nell’ultimo quadriennio ha creato più di un milione di nuovi posti di lavoro. Ne servono almeno altrettanti nei prossimi tre-quattro anni, come ci ha detto Boeri, per rendere nuovamente l’Italia un luogo attrattivo per le imprese e per i giovani lavoratori, mettendo anche in sicurezza il sistema pensionistico. Altrimenti, il declino economico e demografico rischia di diventare inarrestabile. *ordinario di Demografia presso il Dipartimento di Scienze Statistiche dell’Università di Padova, già senatore del Partito democratico

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