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25 Aprile, una festa che deve essere di tutti

Il messaggio del segretario regionale del Veneto per il 78° della Liberazione


Fra tre giorni saranno trascorsi settantotto anni da quel 25 aprile. Il momento della Liberazione, della libertà riconquistata dopo più di vent’anni di dittatura e la guerra disastrosa in cui la dittatura fascista aveva fatto sprofondare l’Italia.


Riconquistata, la nostra libertà, grazie ad una generazione di giovani italiani che ebbero il coraggio e la moralità di scegliere la Resistenza. Erano comunisti e azionisti, socialisti e cattolici, liberali e anche monarchici. Erano militari. Erano operai e contadini, studenti, sacerdoti. Erano donne.


Ad unirli, c’era uno stesso desiderio di libertà, la stessa volontà di costruire una nuova e forte democrazia.


La Festa della Liberazione dovrebbe essere, deve essere, patrimonio condiviso di tutti gli italiani. E invece troppo spesso è fatta oggetto di polemiche sbagliate e gravi.


Ci sono stati esponenti politici, della destra italiana, che in passato hanno chiesto di abolirla. C’è, tra loro, chi pensa non si debba festeggiare una data ritenuta “divisiva”. E c’è chi crede di poter riscrivere la Storia e afferma che i soldati del reparto “Bozen” che il 23 marzo del 1944 persero la vita a via Rasella erano “una banda musicale di semi-pensionati”.


Va detto: non è degno della carica che ricopre un Presidente del Senato che fa simili affermazioni e che si rifiuta di definire il fascismo – come pure fece a suo tempo Gianfranco Fini – “un male assoluto”.


È tempo che la destra italiana prende le distanze una volta per tutte dal fascismo e riconosca che il 25 aprile è, e sarà sempre, il giorno simbolo della libertà e della democrazia.


Se oggi l’Italia è un Paese forte e rispettato, è perché ci fu chi si schierò dalla parte giusta. Perché ci fu chi rischiò la vita, e chi la perse, per la libertà di tutti gli italiani indistintamente, anche di coloro che erano dalla parte sbagliata.


Sbagliata oggettivamente. Perché chi scelse la Repubblica di Salò, scelse con essa la Germania nazista, i vagoni piombati e i lager, la collaborazione nelle deportazioni, nello sterminio degli ebrei, nelle stragi che insanguinarono il nostro Paese: Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema, le Fosse Ardeatine. Ed eccidi e uccisioni insanguinarono anche tanti luoghi del nostro Veneto.


E riguardo alle Ardeatine: no, i 335 uomini che vi furono uccisi non scontarono il fatto di essere “solo italiani”, come ha detto la Presidente del Consiglio. Pagarono con la vita perché antifascisti o ebrei. Perché oppositori del regime. Perché lottavano per riconquistare la libertà.


E allora non si possono fare “pericolose equiparazioni”, come tempo fa ha detto il Presidente Mattarella. Nessun appannamento della verità storica è consentito. Si può provare pietà per tutti i morti di quel conflitto. Ma il punto fermo e definitivo è che da una parte c’era il bene e dall’altra il male, da una parte la ragione e dall’altra il torto.


È il senso della mozione comune presentata al Senato dalle forze di opposizione: tutta la classe politica, tutta, deve riconoscere che è nella Resistenza e nell’antifascismo che si trovano le radici della nostra Repubblica. Che è grazie a quella rinascita civile e morale che si sono potuti affermare i principi fondamentali della nostra Costituzione. E che il 25 aprile, insieme al 1° maggio e al 2 giugno, è una data da festeggiare.


Tutti. Senza più riserve e con convinzione, perché è il giorno in cui ricordiamo e celebriamo la nascita dell’Italia libera e democratica.


Andrea Martella


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