Manildo: «Dopo il Veneto di uno, costruiamo il Veneto di tutti»
- Partito Democratico del Veneto
- 26 lug
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Aggiornamento: 29 lug
A Treviso il lancio della campagna del centrosinistra per la presidenza del Veneto
Sabato 26 luglio, al Parco degli Alberi Parlanti di Treviso, Giovanni Manildo ha dato ufficialmente il via alla sua campagna per la presidenza della Regione Veneto. Una scelta non casuale: «Abbiamo voluto iniziare da qui – ha spiegato Manildo – perché è un luogo aperto, immaginativo, pensato per costruire comunità. Un luogo non classico per la politica, perché anche il nostro metodo sarà diverso: uscire dai riti consunti, dai palchi tutti uguali, per tornare a parlare nei luoghi della vita vera».
Nel suo discorso, accolto da oltre 500 persone e da tutte le forze politiche e civiche che compongono la coalizione, Manildo ha tracciato con passione e determinazione i punti cardinali della sua candidatura: un appello collettivo, un progetto condiviso, una nuova visione per il Veneto. «Mi candido – ha detto – perché credo che sia possibile cambiare. Dopo troppi anni in cui il destino della nostra terra è stato affidato a un uomo solo al comando, è tempo di aprire una nuova stagione. E questa sfida non è personale: è una responsabilità collettiva».
Manildo ha poi raccontato l’energia e l’intensità dei primi giorni, segnate da decine di messaggi, lettere, telefonate ricevute da ogni angolo del Veneto. «Una mappa emotiva della nostra Regione – l’ha definita – fatta di storie vere, di nomi e volti. C’è chi non riesce a pagare una casa di riposo, chi aspetta da mesi una visita medica, chi vive in condizioni di lavoro precarie, chi non trova casa, chi ha paura per l’ambiente, chi vede i figli andarsene senza tornare».
Ma il discorso non è stato segnato dal ‘contro’ o dal lamento. Al contrario, Manildo ha rivendicato il coraggio di guardare in faccia la realtà e di trasformare le fragilità in forza. «Oggi le fragilità non vivono solo ai margini. Sono sociali, economiche, sanitarie, ambientali, educative, persino produttive. Investire su di esse – ha detto – non vuol dire rallentare. Vuol dire creare slancio. Perché una comunità cresce davvero solo se nessuno resta indietro. E l’unico modo è occuparsene insieme».
Tra i temi centrali, quello dei giovani: «Se ne vanno perché non vedono prospettive, perché non trovano casa, non ricevono borse di studio, non si sentono ascoltati. Ma se i giovani se ne vanno, il problema riguarda tutti: mancheranno dottori, forza lavoro, sicurezza. È da qui che dobbiamo ripartire».
E poi la sanità pubblica («non può essere una lotteria»), il lavoro («non si può morire in cantiere o in fabbrica»), la casa («non può essere un privilegio»), l’ambiente («la crisi climatica è qui e non possiamo più permetterci leggerezze»), il sostegno alle imprese, la cultura e l’educazione come infrastruttura civile della società.