Educare al consenso per vincere la violenza sulle donne
- Partito Democratico del Veneto

- 31 ott
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Le misure di prevenzione alla violenza sulle donne hanno dimostrato di non funzionare. Serve la custodia cautelare in carcere per chi è dichiaratamente un pericolo sociale. Ammonimenti, distanziamento obbligatorio, persino il braccialetto elettronico non hanno evitato episodi di violenza efferata contro le donne. Per questo, «il carcere per gli aggressori è l’unico modo di tutelare le donne. Dobbiamo dare un messaggio forte come società e dire che la vita delle donne conta». Lo ha affermato l’eurodeputata Alessandra Moretti nel corso della conferenza stampa con cui il Partito democratico, le Democratiche del Veneto e il candidato del centrosinistra Giovanni Manildo hanno presentato un pacchetto di proposte sul tema della violenza di genere.
Tre i concetti fondamentali: proteggere le donne, educare al consenso, formazione a tutti i livelli, dagli adolescenti agli operatori sociali, fino ai giudici perché troppo spesso «la cultura patriarcale genera sentenze che colpevolizzano la donna che ha subito violenza», dice ancora Moretti. Accanto all’impegno giuridico e formativo servono maggiori risorse, anche da parte della Regione. «In Veneto servirebbero 120 Centri anti violenza, ce ne sono solo 30».
«La violenza contro le donne è una tragedia quotidiana che chiama la politica alla responsabilità», afferma il candidato presidente della Regione della coalizione di centrosinistra, Giovanni Manildo. «Ogni femminicidio è un fallimento collettivo, perché arriva sempre dopo segnali ignorati, dopo silenzi e mancate protezioni. Noi vogliamo cambiare questo paradigma: la Regione deve diventare un presidio attivo di prevenzione, educazione e sostegno. Per questo proporrò l’istituzione di un Fondo regionale per la prevenzione della violenza di genere e l’autonomia delle vittime, con sportelli h24, formazione obbligatoria per operatori pubblici e un grande piano educativo nelle scuole. Prevenire, proteggere, accompagnare all’autonomia: è così che si costruisce una società più giusta, e un Veneto più umano».
Claudia Longhi, portavoce delle Democratiche del Veneto sottolinea come «l’aggressione è cresciuta in maniera esponenziale e prevedibile. È una reazione all’assertività delle donne e alla loro ricerca di autodeterminazione. Oltre 80 vittime solo quest’anno. Una legge sul consenso è necessaria, non per punire ma per regolare bene le relazioni. Il consenso evita alla donna l’onere della prova, ma non è solo un problema processuale. Si tratta di regolare la società non secondo rapporti di forza, ma facendo leva sul rispetto e la dignità di tutte le persone. Educazione significa anche capacità di gestire le proprie emozioni, il rifiuto, la delusione, lo stress. Servono psicologi in tutte le scuole di ogni ordine e grado».
Queste le proposte principali del Partito Democratico:
Istituzione di un ‘Fondo regionale per la prevenzione della violenza di genere e l’autonomia delle vittime’, da finanziare con risorse regionali e fondi Ue, con questi elementi principali:
● Creazione di uno sportello unico regionale H24-multicanale per vittime di violenza di genere (violenza domestica, stalking, molestie, femminicidio) con accesso guidato a consulenza legale, psicologica, protezione e servizi di uscita dall’abuso.
● Programma obbligatorio di formazione per tutti gli operatori pubblici del territorio (sanità, polizia locale, scuole, servizi sociali) sul riconoscimento precoce dei segnali di violenza, sulla traiettoria femminicida e sulle risposte integrate, con monitoraggio degli esiti (una buona pratica già in parte operata in Veneto, ma da potenziare).
● Alleanza con scuole, università e imprese per un piano educativo regionale, fin dal secondo ciclo, che affronti il tema delle relazioni tra generi, del consenso, della violenza simbolica e digitale, dello stalking e della violenza assistita, con l’obiettivo di cambiare cultura e prevenire.
● Diffusione di case-rifugio protette anche nei territori minori e montani, collegate a percorsi di autonomia abitativa e lavorativa per donne che escono dalla violenza.
● Monitoraggio regionale trasparente: creazione di un osservatorio regionale (o ampliamento di quello esistente) con indicatori sulle violenze di genere, femminicidi, stalking, interventi, esiti e risorse impiegate, per rendere visibili i progressi e le criticità, in coerenza con le raccomandazioni europee.
Interventi non più differibili poiché «ormai i femminicidi rappresentano una guerra contro i corpi delle donne, contro le vite delle donne», ha rimarcato Moretti. «È una guerra che dobbiamo combattere probabilmente con strumenti nuovi. Non bastano la severità delle pene, che servono sicuramente, non bastano nuove forme di reato, serve investire nella formazione, serve investire nell'educazione, nell'educazione nelle scuole, nel lungo periodo certamente, ma dobbiamo fare un salto di qualità e questa deve essere una battaglia che appartiene a tutte e a tutti. Educare al consenso diventa un'arma importante», anche per contrastare la nuova frontiera della violenza sessuale che corre sulle reti informatiche.
«La violenza digitale è ormai diffusissima», ricorda l’eurodeputata, «ci vogliono norme certe per perseguire non solo chi alimenta certe piattaforme, ma anche chi le gestisce».



