di Alessandro Naccarato*
Le recenti indagini sulla ‘ndrangheta in Veneto e sul ruolo svolto da Alberto Filippi, ex amministratore locale e parlamentare della Lega Nord, passato poi a Fratelli d’Italia, aiutano a comprendere meglio le caratteristiche dell’insediamento mafioso nella nostra Regione e costituiscono l’ennesimo segnale d’allarme sulla gravità della situazione. Infatti, nonostante i tentativi di negare o di ridurre il fenomeno, è ormai un dato acquisito che le mafie sono radicate qui da tempo.
Numerosi tribunali hanno emanato sentenze inequivocabili che hanno accertato i crimini di associazioni mafiose attraverso una precisa spartizione del territorio. Le ultime inchieste riguardano il gruppo di ‘ndrangheta collegato con le famiglie dominanti a Crotone e attivo nelle province di Verona, Vicenza, Padova e Treviso soprattutto nel traffico di stupefacenti, nel riciclaggio e nelle estorsioni. La rilevanza criminale del gruppo è indicata da un dato: finora solo nei due processi “Isola scaligera” e “Taurus” 78 persone sono state condannate a 610 anni e 5 mesi di reclusione per reati commessi da associati alla ‘ndrangheta in Veneto.
Tra le caratteristiche di questo sodalizio mafioso veneto c’è la ricerca di relazioni solide con imprenditori, professionisti e rappresentanti istituzionali. Le indagini confermano che, come nelle regioni di insediamento tradizionale dell’Italia meridionale e come in Lombardia e in Emilia Romagna, anche in Veneto le mafie hanno stipulato facilmente accordi con una parte del tessuto economico e politico locale. I rapporti tra questi mondi diversi si concretizzano, come sembra emergere nel caso dell’ex parlamentare Filippi, in una convergenza di interessi criminali e nello scambio di servizi per ottenere utilità e vantaggi economici reciproci. Prima si costruiscono rapporti per gestire aziende, poi, se qualcosa non funziona o, peggio, se qualcuno svela le operazioni illecite, si passa alla violenza per intimidire e imporre il silenzio omertoso.
Del resto le capacità relazionali dei gruppi mafiosi veneti, già evidenziate in passato con le sentenze sulla ‘ndrangheta a Verona e sulla camorra a Eraclea, si sono estese ai tentativi, spesso riusciti, di inserirsi, mediante subappalti, in importanti appalti pubblici, come nei casi delle imprese presenti in attività del gruppo Fincantieri e nella costruzione di opere come la seconda linea del tram e il nuovo ospedale pediatrico di Padova.
La forza delle mafie consiste proprio nella permeabilità di una parte del tessuto imprenditoriale, professionale e istituzionale del Veneto, disponibile a costruire alleanze e rapporti economici e finanziari con gruppi criminali per aumentare ricchezza e potere senza rispettare le leggi e le regole della concorrenza.
Per queste ragioni, per evitare che una parte delle ingenti risorse pubbliche stanziate con il PNRR e per realizzare nuove infrastrutture stradali, ferroviarie e sanitarie e per le Olimpiadi invernali 2026 vengano utilizzate dai gruppi criminali radicati in Veneto, è necessario agire in fretta in due direzioni: aumentare le attività di prevenzione e contrasto assegnando all’autorità giudiziaria, alle forze dell’ordine e alle prefetture strumenti e mezzi per effettuare indagini e processi; ripristinare la precedente legislazione sugli appalti per favorire la concorrenza tra imprese virtuose e aumentare i controlli amministrativi per combattere la corruzione.
*Alessandro Naccarato è responsabile del forum legalità del Pd Veneto