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La riforma della scuola spiegata bene

Il 9 maggio sera la Commissione istruzione della Camera dei Deputati ha licenziato il testo del disegno di legge di riforma della scuola, dopo un lavoro durato alcune settimane, più di 90 audizioni e la discussione e il voto di centinaia di emendamenti. Da giovedì il testo approderà in aula ed entro martedì 19 i deputati dovranno completarne l’esame, per poi passare la palla al Senato e fare in modo di approvare definitivamente il provvedimento entro la metà di giugno, pena l’impossibilità di procedere con i tempi tecnici del piano di assunzioni per 100mila precari. In queste settimane il dibattito attorno ai temi toccati dal disegno di legge è stato ampio e a tratti aspro, culminato in uno sciopero, quello di martedì 5 maggio scorso, che ha visto la partecipazione di migliaia di persone in tutta Italia. Il Partito Democratico ha raccolto le sollecitazione e le critiche giunte da più parti e durante il lavoro della Commissione ha modificato il testo del disegno di legge in più punti, tenendo fermi tuttavia gli obiettivi di fondo: l’autonomia scolastica, l’apertura delle scuole al territorio, il coinvolgimento pieno della comunità scolastica nella definizione del piano dell’offerta formativa e l’apprendimento per competenze. Passiamo in rassegna le principali modifiche introdotte in Commissione. Una delle novità più importanti riguarda il Piano dell’Offerta Formativa. Nella prima versione del ddl si prevedeva che fosse definito dal dirigente, sentendo gli organi collegiali. La Commissione ha introdotto una nuova procedura: il dirigente formula gli indirizzi, ma è il Collegio docenti ad elaborare il POF ed il Consiglio di Istituto (dove siedono insieme studenti, famiglie, docenti e personale ATA) ad approvarlo. La Commissione ha poi previsto che il curriculum dello studente – che ne riassume la storia mettendo insieme non solo i risultati scolastici, ma anche le esperienze di volontariato e quelle relative all’alternanza – sia tenuto in conto nell’esame di maturità. Inoltre, uno dei punti più contestati risalente alla riforma Gelmini riguardava il fatto che l’alternanza potesse essere avviata a 15 anni, introducendo la specificità di un apprendistato che anticipava i limiti previsti per legge. La Commissione è intervenuta riportando l’alternanza all’ultimo biennio della scuola secondaria di secondo grado (per 400 ore negli indirizzi tecnici e professionali e per 200 in quelli di altro genere). Sempre grazie alla Commissione anche musei e altri istituti pubblici e privati operanti nel settore del patrimonio e delle attività culturali, artistiche e musicali potranno ospitare l’alternanza. Per quanto riguarda i docenti, la Commissione ha definito in modo più chiaro gli ambiti territoriali in cui sono articolati i ruoli del personale docente. Essi sono di dimensioni sub-provinciali e definiti sulla base della popolazione scolastica, della prossimità delle istituzioni scolastiche, delle caratteristiche del territorio (anche tenendo conto della specificità delle aree interne, montane, piccole isole, della presenza di scuole in carcere ed altre esperienze territoriali già in essere). In via transitoria, per il solo anno scolastico 2015-2016, gli ambiti territoriali avranno dimensione provinciale. La Commissione ha inoltre previsto che i docenti inseriti in un ambito territoriale possano candidarsi nelle singole scuole di quell’ambito (o di un altro, qualora facciano richiesta di mobilità) e debbano ricevere accettazione o diniego, sulla base del POF della scuola e della coerenza o meno del CV dell’insegnante medesimo che, come previsto dal ddl, è pubblico. E’ stato inoltre chiarito che è il docente ad accettare o meno la proposta di incarico del dirigente e a scegliere qualora gli pervenissero più richieste. La prima versione del ddl prevedeva che, per recepire quanto previsto da una sentenza europea, i contratti di lavoro a tempo determinato nella scuola, su soli posti vacanti e disponibili, non potessero superare complessivamente i 36 mesi anche non continuativi. Questo significava che i precari delle Graduatorie di Istituto in possesso di quel requisito da Settembre 2015 non avrebbero più potuto lavorare su posti vacanti e disponibili (ad esempio, subentrare ad un insegnante in aspettativa non è occupare un posto “vacante e disponibile”). La Commissione ha introdotto la non retroattività della misura (essa varrà per i contratti stipulati a decorrere dall’entrata in vigore del ddl), consentendo così a coloro che non sono inclusi nel piano straordinario di assunzioni di Settembre 2015, di continuare a lavorare anche su posti vacanti e disponibili, in attesa di mettere a concorso tutti quei posti. La Commissione ha introdotto anche alcune novità riguardanti il concorso: si tratterà di un concorso per titoli ed esami, aperto ai soli abilitati all’insegnamento, che tiene conto del fabbisogno espresso dalle istituzioni scolastiche nei piani triennali dell’offerta formativa. Sarà riconosciuto specifico punteggio al titolo di abilitazione ed al servizio prestato a tempo determinato per almeno 180 giorni continuativi. Uno dei temi più controversi, quello che riguarda i cosiddetti “idonei” del concorso del 2012, è stato così risolto dalla Commissione: coloro che sono inseriti nella graduatoria di merito del concorso 2012 saranno assunti a tempo indeterminato con decorrenza giuridica ed economica dal primo settembre 2016. La loro assunzione avviene nel limite dei posti dell’organico dell’autonomia vacanti e disponibili con priorità rispetto ad ogni altra graduatoria di merito. E’ stato inoltre previsto un piano straordinario di mobilità per i docenti già in ruolo sul 100% dei posti disponibili per l’anno 2016-17. Nel testo iniziale del ddl era previsto che fosse il dirigente scolastico, sentito il consiglio di istituto, ad assegnare annualmente le premialità ai docenti (fondo totale: 200 milioni). La Commissione ha introdotto un Comitato di Valutazione individuato dal consiglio di istituto, costituito da due docenti e due rappresentanti dei genitori o un rappresentante degli studenti e uno dei genitori per il secondo ciclo. Questo comitato individua i criteri per la valorizzazione dei docenti. Inoltre, sempre riguardo i dirigenti scolastici, la Commissione ha introdotto la valutazione dei dirigenti fatta dagli ispettori (il cui contingente viene aumentato per questa ragione), coerente con l’incarico triennale, col profilo professionale e connessa alla retribuzione di risultato. La Commissione ha previsto un piano straordinario di verifica della permanenza dei requisiti delle scuole paritarie per il riconoscimento della parità scolastica, con particolare attenzione alle scuole secondarie di secondo grado (norma anti-diplomifici), cui viene ampliata la detraibilità delle spese di frequenza fino ad un massimo di 400 euro annui per alunno. Per il 5×1000 alle scuole non era previsto un fondo ad hoc nel testo iniziale del ddl (che andava così ad incidere direttamente sul fondo generale del 5xmille, a danno del Terzo Settore); è stato introdotto un fondo apposito dalla Commissione. Oltre a tutte le misure per aumentare la sicurezza degli edifici con il recupero dei fondi ancora non spesi già previsto nel ddl, grazie all’intervento della Commissione si rilancia il ruolo dell’Osservatorio per l’edilizia scolastica allargando la partecipazione anche alle organizzazioni civiche (Legambiente, Cittadinanza Attiva) e si prevede l’istituzione di una giornata nazionale per la sicurezza delle scuole. Le deleghe al Governo contenute nell’articolo 21 del provvedimento sono state ridotte da 13 a 8. In particolare, è stata stralciata la delega riguardante gli organi collegiali – fugando le preoccupazioni di chi temeva un ingresso dei privati nel consiglio di istituto – mentre è stata spostata nel testo di legge la delega riguardante la valutazione dei dirigenti (art.7), così come le norme sugli ITS (istituti tecnici superiori) e sul digitale. Sono state poi riformulate in particolare due deleghe: quella sulla formazione iniziale degli insegnanti e quella sul diritto allo studio, recependo le proposte degli studenti sui livelli essenziali delle prestazioni. Per quanto riguarda la formazione iniziale e l’accesso al ruolo sono state introdotte novità importantissime: al termine della laurea magistrale si potrà accedere ad una selezione, superata la quale si entra progressivamente in ruolo con un apprendistato che dura 3 anni e prevede una crescente responsabilizzazione. L’aspirante insegnante che supera la selezione, dopo la laurea magistrale, non deve più pagare per frequentare un percorso aggiuntivo, ma viene, al contrario, retribuito fin da subito, mentre progressivamente si specializza e assume responsabilità di gestione della classe, fino al definitivo ingresso in ruolo. Come si può ben vedere, dunque, il lavoro sul provvedimento è stato corposo ed ha portato a rivedere pressoché ogni articolo, migliorandone molti aspetti. L’auspicio è che nelle prossime settimane, prima dell’approvazione definitiva del Parlamento, il confronto si mantenga sul merito delle questioni e che anche le informazioni che vengono diffuse siano aderenti al testo e non ricostruzioni fantasiose o poco precise. E’ chiaro comunque che questo provvedimento non esaurisce tutte le criticità e le problematiche che sono riscontrabili nel mondo della scuola, ma è quantomeno scorretto non riconoscere la volontà di intervenire di petto in situazioni che si trascinano da anni, come il precariato, e di investire risorse che prima erano state solamente tagliate.

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