Il commento del senatore Andrea Martella, segretario regionale del PD Veneto, sullo stop della Consulta alla legge Calderoli
«Abbiamo passato anni a ripetere a Zaia e alla Lega che procedendo così avrebbero fatto schiantare il progetto dell’autonomia. Ad essere stata punita, infatti, leggendo il comunicato della Consulta, è proprio l’arroganza di Zaia e della Lega che hanno voluto forzare tempi e modi di una riforma molto complessa e molto delicata. Lo avevamo detto ed è successo: questa riforma, così come è stata frettolosamente costruita e lanciata non andava bene, aveva problemi e avrebbe prodotto conflitti». Lo afferma il senatore Andrea Martella, segretario regionale del Partito democratico del Veneto.
«Tutto questo era evitabile», prosegue Martella, «e ora, nonostante la Lega provi a minimizzare, non sarà facile portare correzioni visto il merito delle obiezioni della Consulta. Si apriranno nuove divisioni nel centrodestra, con Zaia e Salvini da una parte, e le prudenze di Forza Italia e l’ostilità di Meloni e FDI dall’altra».
«Quello che è peggio è che, per l’ennesima volta, le aspettative delle famiglie e delle imprese venete sono state tradite dalla approssimazione e dalla inconsistenza del gruppo di potere che governa da oltre 15 anni. Non c’è stato anno, dopo il referendum regionale del 2017, in cui Zaia non abbia detto: ‘stavolta ci siamo questo sarà l’anno dell’autonomia’», conclude il segretario del PD Veneto. «Anche oggi a quanto pare l’autonomia arriverà domani».
Le decisioni della Consulta
La Corte Costituzionale ha ritenuto fondate le molteplici questioni di legittimità costituzionale della legge Calderoli che nel corso degli ultimi due anni il PD ha sollevato.
«Si tratta di una sconfessione di un impianto», prosegue Martella, «di cui il presidente Zaia è stato principale protagonista, che avrebbe rischiato di far deragliare il già fragile stato del nostro ordinamento e la tenuta dei conti pubblici. La Corte sconfessa la retorica delle 23 materie, tutte e subito, sostenendo che ‘la devoluzione debba riguardare specifiche funzioni legislative e amministrative e debba essere giustificata in relazione alla singola regione’. Viene rimesso nelle mani del Parlamento la determinazione dei LEP che la legge Calderoli pretendeva di attribuire al solo governo, così la loro definizione con DPCM attribuita al governo. Viene censurata la stessa modalità di definizione e di revisione delle aliquote di compartecipazione per le funzioni devolute, questione delicatissima che avrebbe potuto creare rilevanti tensioni per i conti pubblici».
«Le stesse materie non Lep, quelle su cui Calderoli, spavaldamente aveva già iniziato a trattare, sono state circoscritte stabilendo che ‘i relativi trasferimenti non potranno riguardare funzioni che attengono a prestazioni concernenti i diritti civili e sociali’ e le risorse finanziare relative dovranno essere determinate in riferimento a costi e fabbisogni standard. Altro che la spesa storica prevista dal Dl Calderoli. Insomma», conclude Martella, «una sconfessione significativa e una sconfitta per il governo. In questi ultimi due anni abbiamo provato in tutti i modi a far presenti esattamente questi problemi indicando le soluzioni. L’arroganza e la chiusura ancora una volta sono state cattive consigliere».