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Fuga dalla sanità pubblica veneta

Aggiornamento: 10 lug 2024

Oggi sono i medici ad abbandonare le Ulss, domani saranno i pazienti


Gli annunci a favore di telecamera del presidente della Regione Zaia e dell'assessore regionale alla sanità Lanzarin sulla drastica riduzione delle liste d'attesa e sull'aumento del personale impiegato nelle Ulss vanno intese per quello che in realtà sono: mera propaganda.


Il gruppo consiliare del Partito democratico alla narrazione della giunta regionale ha contrapposto numeri, fatti e cifre: «Zaia e Lanzarin snocciolano cifre da realtà parallela e non veritiera», su liste d'attesa e aumento del personale, spiegano i consiglieri PD guidati dalla capogruppo Vanessa Camani.


Carenze di personale

Cominciamo dalla seconda questione, ovvero il numero di medici, infermieri e operatori socio sanitari in servizio nelle Ulss venete.


Sul reale stato di sofferenza del personale sanitario dicono molto anche i dati sulle dimissioni volontarie. Tra il 2019 e il 2022, infatti, si sono dimessi 1.582 medici e 2.613 infermieri. Le cause principali sono da ricercare nei turni massacranti cui vengono costretti i professionisti, anche per tentare di recuperare in produttività, retribuzioni sensibilmente inferiori al settore privato, servizi estenuanti. In queste condizioni, spiegano i consiglieri PD, «è ovvio che i concorsi vadano deserti, il pubblico perde sempre più attrattività».


Infatti, il fabbisogno di medici rimane stabile da tre anni intorno alle 3.500 unità. I frequenti concorsi per assumere professionisti non solo non hanno soddisfatto il fabbisogno, ma neppure rimpiazzato chi nel frattempo è andato a lavorare nel privato oppure in pensione, contrariamente a quanto affermato dalla giunta regionale: «dagli 8.362 medici in servizio al 31 dicembre 2022 siamo passati, secondo gli ultimi dati, 8.175 quelli attualmente presenti in organico. Insomma, invece di un incremento delle assunzioni c'è stata una diminuzione del personale. E con un costante aumento di contratti determinati addirittura dell'84% sul 2019».


Nonostante non ci siano stati incrementi significativi delle assunzioni, il costo del personale è tuttavia salito negli ultimi anni, con una spesa che nel 2022 è stata superiore di oltre 100 milioni di Euro rispetto al 2021. Impossibile ignorare l'incidenza dei gettonisti: una pratica costosa e che non risolve la strutturale carenza di personale del nostro sistema sanitario.


«È ipocrita fare i complimenti ai professionisti della sanità e al tempo stesso, a causa della persistente carenza di personale e dei ritmi pressanti, non mettere queste persone nelle condizioni migliori per svolgere la loro professione. Così come non basta alzare bandiera bianca sui bandi che vanno deserti: bisogna anche dire con chiarezza il perché di quanto accade, evidentemente legato appunto alla scarsissima appetibilità delle condizioni di lavoro».




Le liste d'attesa

«Sulle liste d’attesa il presidente Zaia e l’assessore Lanzarin dimostrano per l’ennesima volta di vivere in una realtà parallela», affermano Camani e la consigliera Anna Maria Bigon. I dati da loro esposti trionfalisticamente cozzano innanzitutto con una realtà: in Veneto ad oggi ci sono ancora decine di migliaia di persone che aspettano una visita medica e non è sufficiente cambiare nome al galleggiamento, ribattezzato come pre-appuntamento, per ribaltare questo dato di fatto. La verità è che ci sono moltissime persone che sono escluse dalle cifre illustrate, perché non solo non ricevono l’appuntamento nel momento in cui telefonano ma non sono neppure messe nel pre-appuntamento e vengono liquidate dal CUP con un ‘la richiameremo’, senza essere annotate tra gli utenti in attesa.


Un problema di trasparenza dei dati

Lo stesso Direttore Generale Annichiarico, su esplicita richiesta di chiarimento da parte dei consiglieri del PD, ha ammesso che si tratta di persone la cui situazione non è calcolata dalle statistiche che vengono presentate.


«Se è vero che un certo numero di prestazioni è stata recuperata rispetto all’enorme quantità di visite non erogate negli ultimi anni, è altrettanto vero che un intervento così rilevante è arrivato tardi. Basti pensare che solo nelle ultime settimane, in coincidenza con l’approvazione del decreto del governo, la Giunta regionale ha approvato un piano d’azione per intervenire sulle liste d’attesa che poco aggiunge. E se è vero che una parte di prestazioni aggiuntive viene comprata dai dirigenti medici è altrettanto vero che una parte rilevante di queste viene invece acquistata dal privato accreditato. Un fatto che ha aiutato nel contenimento delle liste ma rafforzando ancora una volta la privatizzazione e indebolendo il pubblico», afferma Bigon.


Per le liste di attesa usati 40 mln del fondo statale Lea

In conclusione i consiglieri del PD evidenziano che «tanto la Regione, quanto il governo, continuano a sotto finanziare il comparto sanità. Un materia che è già ampiamente delegata alle Regioni». Ebbene, proprio mentre Zaia sventola la bandiera dell’autonomia, l’altra verità nascosta è che il Veneto è restio ad impegnare risorse proprie sulle liste d’attesa: i 40 milioni che l’assessore Lanzarin ha detto di aver investito nel 2024 sono risorse che la Regione ha tolto dal Fondo sanitario nazionale che lo Stato trasferisce alle regioni per l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza.


Sui dati «torniamo a chiedere chiarezza», insistono i consiglieri veneti del Partito democratico, «e invitiamo la Regione a rendere pubblici i numeri delle impegnative mediche. Senza la differenza tra le prescrizioni richieste e le prestazioni effettivamente erogate è impossibile considerare quanti si sono sentiti dire che le liste sono chiuse, si sono rivolti al privato o, nel peggiore dei casi, hanno rinunciato a curarsi».


Dietro il facile trionfalismo, ci sono molte falle che «Zaia cerca di nascondere con la realtà parallela».

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