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Veneto a Secco

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Indagine sulla crisi idrica in Veneto 2022-2023

 

a cura del responsabile regionale sostenibilità e filiera agroalimentare

Alessio Albertini

 

Gruppo di lavoro

Matteo Favero, cons. Andrea Zanoni, cons. Jonatan Montanariello

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I DATI

 

IN ITALIA

 

La siccità che sta colpendo il nord Italia è iniziata nell’ottobre 2021. Il Governo ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale in relazione al deficit idrico nel luglio 2022 e poi nel dicembre 2022 ha prorogato lo stato di emergenza fino al 31.12.2023.

 

Se il 2022 ha fatto registrare una diminuzione di circa il -30% di precipitazioni, l’inizio del 2023 registra temperature record, deficit di neve in montagna al 63%, scarsità di precipitazioni (a gennaio 24mm contro i 63mm attesi), il fiume Po già in regime di magra (-3,2 metri), laghi più grandi al 30-40% della propria capacità.

 

Lo stoccaggio dell’acqua piovana. In media cadono in Italia 8-900 mm anno di pioggia. Soltanto l’11% viene immagazzinata.

 

Comparto agricolo

Il C.N.R. indica come, in 24 mesi, cioè da Febbraio 2021, ben il 38% delle aree agricole irrigue sia stato interessato da siccità severa-estrema.

In Italia, con il Po a secco, rischia grave sofferenza o mancata produzione circa il 30% del made in Italy agroalimentare che si produce proprio nella Pianura Padana, dove si concentra anche la metà dell’allevamento nazionale. Nel nostro Paese, ricorda la Coldiretti, si registra a livello nazionale un deficit idrico del 30% che sale al 40% nel Nord Italia.

 

 

IN  VENETO

 

Il Veneto nel 2022, secondo l’Ispra e il Sistema nazionale della Agenzie Ambientali, ha registrato temperature molto superiori alla norma e precipitazioni alquanto scarse. Nel corso del 2022, come sta accadendo sempre più frequentemente in questi ultimi decenni, i valori termici registrati sulla regione si sono quasi sempre mantenuti superiori alle medie di riferimento e superando in diversi periodi anche i valori record dell’ultimo trentennio.

 

Alla forte anomalia termica si è aggiunta anche la scarsità di precipitazioni che si è manifestata in tutte le stagioni e in quasi tutti i mesi dell’anno, collocando il 2022 in Veneto come l’anno mediamente più caldo e più secco perlomeno dell’ultimo trentennio.

Nel febbraio 2023 l’Osservatorio Permanente Autorità di Bacino Alpi orientali ha confermato il livello di severità idrica basso per acque superficiali, mentre ha aumentato a medio il livello di severità per acque sotterranee. Nello stesso tempo l’Osservatorio ha avanzato alcune raccomandazioni, in gran parte poi trasfuse nell’ordinanza 20/2023 della Regione.

 

Una criticità sollevata dall’Università di Padova riguarda la risalita del cuneo salino ed il conseguente rischio di desertificazione specialmente nell’area del polesine e del veneziano, causato dall'impoverimento della sostanza organica dei terreni a causa della salinizzazione degli stessi.

 

 

Lo stato delle acque superficiali

 

L'Adige è sceso al di sotto dei -4 metri sullo zero idrometrico: non era mai successo dal 2015! Ai livelli più bassi del recente passato è anche la Livenza, mentre cala il Piave e restano sostanzialmente stabili Bacchiglione e Brenta. Scarse permangono le precipitazioni, certamente insufficienti a risolvere una situazione di grave crisi idrica; sulle Dolomiti, l'altezza media del manto nevoso si attesta sui 40 centimetri (fonte: ARPAV). 

 

Lo zero termico oggi è a 3.000 metri, un valore che in media si aveva a maggio.

Il lago di Garda solo nel lontano 1987 aveva raggiunto un livello più basso dell’attuale in inverno (28 centimetri sullo zero idrometrico il 3 febbraio di 36 anni fa, contro gli attuali 46 cm, con un livello di riempimento del 36%) .

Resta largamente insufficiente la portata del Po che, pur godendo di un leggero incremento nel tratto iniziale, permane abbondantemente sotto il minimo storico mensile nel tratto lombardo-emiliano, toccando, nel rilevamento finale a Pontelagoscuro, la portata di 604,23 mc/s, inferiore di ben il 14% rispetto ai valori minimi del periodo. Nell’estate 2022, il cuneo salino ha risalito il Po per oltre 40 km. I consorzi di bonifica hanno già cominciato le operazioni di dissalazione delle falde del Po, anticipando i lavori di un mese rispetto al solito nella speranza di contribuire alla ricostituzione un ecosistema così gravemente compromesso.

  

Lo stato delle falde

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Va distinto tra calo delle precipitazioni e stato delle falde. In Italia l’acqua potabile deriva per l’ 84% da falda, per il 16% da acque superficiali. 

 

La situazione delle falde in Veneto, anche nei territori più ricchi come la provincia di Verona, fa registrare una diminuzione del livello. Report ANBI invece riferisce che “pur in leggero miglioramento, il livello di falda si mantiene sui livelli minimi assoluti in buona parte dell'alta pianura con record negativi, rilevati nel veronese (fino a -125%).” 

 

Ad oggi questa situazione non preoccupa per il presente, ma se si dovesse conservare questo trend per i prossimi 3-4 arriveremmo ad avere gravissimi problemi. È comunque necessario programmare e realizzare interventi mirati nei prossimi 4-5 anni. 

 

Si può immaginare la falda come un conto corrente che cala: ciò significa che si sta spendendo più di quanto si deposita. Trattandosi di acqua però, non è possibile aumentare le entrate, ma possiamo solo cercare di diminuire le spese, cioè i consumi.

 

 

LE AZIONI POLITICHE

 

GOVERNO

 

Il 1 marzo 2023 il Governo ha convocato una cabina di regia, ha annunciato la nomina di commissari, non ancora incaricati, ma non ha indicato strategie particolari.

 

IL 14 marzo il Ministro Lollobrigida ha espresso favore per l’ipotesi di potabilizzare acqua marina, che consentirebbe nei prossimi vent’anni di recuperare un miliardo di metri cubi. Alcuni impianti sono già installati sulla foce del Po. Il costo di questo tipo di trattamento è però elevato (3 euro a metro cubo)

 

Il 6 aprile il Governo ha emanato il c.d. Decreto Siccità. Viene istituita una Cabina di Regia per la crisi idrica e nominato un Commissario straordiario.

 

Si preannunciano misure di semplificazione delle procedure di progettazione e realizzazione delle infrastrutture idriche ed impianti di desalinizzazione; l’aumento dei volumi utili degli invasi; la possibilità di realizzare liberamente vasche di raccolta di acque meteoriche per uso agricolo entro un volume massimo stabilito; il riutilizzo delle acque reflue depurate per impiego irriguo.

 

Il decreto contiene alcuni spunti che vanno nella giusta direzione, ma non appare in grado di dare risposte né immediate né di prospettiva al problema. Le norme previste intervengono solo sulle infrastrutture e sino a fine anno, al massimo con una proroga al 2024. Manca soprattutto un intervento sulla governance della filiera dell'acqua così come una programmazione dei consumi a monte per capire quali sono i settori che richiedono più acqua e dove conviene intervenire, se in agricoltura, sui consumi idropotabili, dell'idroelettrico o dell'industria.

 

 

REGIONE

 

Il 9 marzo 2023 il Presidente Zaia annuncia piano di microinvasi e annuncia ordinanza anti-sprechi con razionamento idrico se entro 45 giorni non piove.

 

Va ricordato che Zaia è commissario per la siccità sin dal luglio 2021, nominato con provvedimento del capo dipartimento protezione civile 906 del 21.7.2022, ma fino ad oggi non risultano adottati particolari provvedimenti o decisioni di rilievo.

 

Il Presidente ha emanato l’ordinanza n. 20 del 14 marzo che appare del tutto insufficiente e contiene soltanto enunciazioni di principio, una serie di buoni propositi, qualche consiglio di buone pratiche.

 

Nessuna progettazione avviata, nessun impegno di spesa assunto, nessun divieto cogente adottato. 

 

L’ordinanza dispone:

 

    - di incaricare i Sindaci dei Comuni del Veneto, sentite le aziende di gestione del Servizio Idrico Integrato, ad attivare con urgenza campagne di informazione per raccomandare l’uso accorto della risorsa idrica rivolte alla cittadinanza per limitarne gli utilizzi agli usi potabili e domestici, promuovendo una serie di buone pratiche e comportamenti da adottare per evitare lo spreco dell’acqua, quali, a titolo esemplificativo: usare gli elettrodomestici a pieno carico; fare la doccia al posto del bagno; chiudere il rubinetto nell’azione di lavarsi i denti; utilizzare l’acqua di lavaggio degli alimenti freschi per annaffiare le piante, e altre iniziative similari di contenimento per la tutela della risorsa idrica;

    - di demandare alla Direzione Difesa del Suolo e della Costa, sentite la Direzione Uffici Territoriali per il Dissesto Idrogeologico e la Direzione Ambiente e Transizione Ecologica, di porre in essere ogni sforzo per garantire una sufficiente vivificazione dei canali al fine di evitare problematiche di natura igienico sanitaria;

    - di adottare (senza che sia indicato chi lo dovrebbe fare) misure di contenimento dei prelievi da acque sotterranee per gli usi non prioritari (verifica campionaria delle portate emunte in base alla lettura dei misuratori, ordinanze sindacali di divieto d’uso), stabilendo prioritariamente che i pozzi a salienza naturale destinati all'utilizzo ornamentale senza specifico impiego (fontane a getto continuo) debbano restare chiusi;

    - di promuovere campagne di informazione per l’uso accorto della risorsa idrica, rivolto in particolare ai soggetti titolari di concessione per auto-approvvigionamento per usi non prioritari; l’attività di sensibilizzazione sarà anche finalizzata a rendere gli operatori agricoli consapevoli del possibile rischio di aggravamento dei problemi di carenza idrica nei periodi di più intensa attività irrigua, nel caso in cui, a fronte del graduale esaurirsi delle risorse accumulate nei serbatoi dell’area montana, non si verificassero significative precipitazioni meteoriche;

    - di promuovere, nella prospettiva dell’inizio della stagione irrigua (dal 15 marzo in Veneto) l’utilizzo del “consiglio irriguo”, funzionale a razionalizzare l’uso delle risorse idriche superficiali e sotterranee;

    - di predisporre, ove non già disponibili, i piani di emergenza per l'approvvigionamento potabile (interconnessione reti, approvvigionamento mediante autobotti, interventi riduzione perdite);

    - di verificare la possibilità di orientare la gestione degli invasi promuovendo l’accumulo, comunque nel rispetto degli obblighi in tema di DMV/DE;

    - di programmare, da parte del Consorzio Delta del Po, l’attività di predisposizione della barriera alla risalita del cuneo salino sul fiume Adige (parte mobile) in previsione dell’inizio della campagna irrigua a metà marzo;

    - di introdurre l’obbligo di periodiche analisi qualitative della risorsa idrica emunta dai pozzi domestici, allo scopo di verificare che, anche a fronte dell’attuale condizione di carenza idrica, siano garantiti i requisiti di potabilità connessi al consumo umano;

Sono tutte azioni generiche oppure programmazione  di misure che dovevano essere già state avviate e completate da tempo.

 

Va anche ricordato che esiste una legge regionale, la n. 17/2012 “Disposizioni in materia di risorse idriche”, che all’articolo 10 prevede che presso la Giunta regionale sia attivata Banca dati delle risorse idriche, sulla base di dati regolarmente inviati dai Consigli di Bacino e dai gestori del servizio idrico integrato.

 

I consiglieri regionali del PD con istanza di accesso agli atti dell’8.2.2023 hanno richiesto i dati relativi agli anni 2018, 2019, 2020, 2021 e 2022 contenuti nella Banca dati delle risorse idriche e di estrapolare in formato excell i dati relativi ad acqua prodotta, acqua immessa in rete, acqua fatturata ai clienti e volumi d'acqua dispersa per singolo ente gestore (questi ultimi dati sono arrivati). I dati non disponibili perché la Giunta Regionale non ha adempiuto agli obblighi di legge.

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QUALI RIMEDI

 

- Desalinizzare? NON SEMBRA UNA SOLUZIONE SOSTENIBILE

 

La desalinizzazione è la soluzione prospettata dal Ministro Lollobrigida.

 

Contraria ANBI. "L'analisi delle situazioni di crisi idrica nel Paese dimostra come i tanto citati dissalatori possano essere una soluzione per emergenze localizzate, non certo risolutivi per un fattore esteso quale la siccità penalizzante l'agricoltura e l'ambiente in un territorio come quello italiano.“ Francesco Vincenzi Presidente ANBI

"E' pensabile risolvere il problema, dissalando l'acqua del mare? Se parliamo di isole sì, sostituendo le obsolete e costosissime "bettoline" del mare. Molti dubbi, invece, se farlo nel resto del Paese, soprattutto avendo come riferimento nazioni prettamente desertiche, dove l'economia del petrolio finanzia abbondantemente tale pratica. I costi metterebbero fuori mercato il made in Italy agroalimentare, aumentando i costi dei prodotti sullo scaffale.” Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI

La desalinizzazione è quindi soluzione che non appare percorribile in Veneto, anche perché molto costosa e dispendiosa in termini energetici.

 

 

- Microinvasi

 

IL PIANO E’ CONDIVISIBILE, VA ACCELERATO. 

 

Si dovrebbe proporre una corsia preferenziale per la realizzazione di questi interventi, una sorta di “legge obiettivo”.

 

Anche ANBI punta sul piano laghetti, di 10.000 invasi. Il piano esiste già, prevede la realizzazione di 10.000 invasi leggeri entro il 2030, infrastrutture senza uso di cemento, ricavate da vecchie cave e dotate di pannelli fotovoltaici per produrre energia elettrica, che consentirebbero di ricaricare la falda, fornire acqua per tutti gli usi, contrastare la risalita del cuneo salino.

 

Nelle intenzioni dei suoi promotori, il piano laghetti dovrebbe sfruttare meglio tutta l’acqua che oggi viene dispersa. In sostanza, il piano consiste nella realizzazione di 4.000 invasi “consortili”, cioè costruiti dai consorzi di bonifica, e 6.000 invasi fatti dalle aziende agricole. 

 

“Insieme all'efficientamento della rete idraulica ed all'ottimizzazione dell'utilizzo irriguo, non è più logico creare le condizioni per trattenere e trasferire le acque di pioggia, migliorando al contempo l'ambiente attraverso una rete di laghetti multifunzionali ad iniziare dal riutilizzo delle migliaia di cave abbandonate?" Massimo Gargano - direttore ANBI

 

Dei 10.000 progetti del piano complessivo, già dallo scorso anno 223 avevano raggiunto la fase esecutiva, cioè si possono costruire, ma finora ne sono stati inaugurati pochi. I soldi non sembrano essere un problema: il PNRR, il piano nazionale di ripresa e resilienza, ha già messo a disposizione 880 milioni di euro, una parte consistente dei 3,2 miliardi di euro necessari per questa prima parte del piano, la più costosa.

 

Ritardi e lentezze sono causati piuttosto dalla storica e per certi versi confusa divisione delle competenze all’interno del governo: intervengono di volta in volta e senza criteri precisi i ministeri delle Politiche agricole, dell’Ambiente e delle Infrastrutture, oltre ovviamente a quello dell’Economia. Tutti se ne dovrebbero occupare, ma il risultato è che finora in pochi hanno affrontato davvero il problema. A tutto questo vanno aggiunti gli interventi e le responsabilità delle regioni, delle province, dei consorzi di bonifica, ognuno con sue regole e procedure.

«C’è un enorme freno, e lo abbiamo visto negli ultimi mesi», continua Gargano. «In Italia c’è una grande cultura dell’emergenza, straordinariamente più efficiente rispetto alla cultura della prevenzione. Ora è evidente che l’emergenza siccità è diventata strutturale». L’obiettivo iniziale era di concludere la fase di progettazione entro il 2025, assegnare gli appalti entro il 2026 e fare entrare in funzione gli invasi entro il 2030, ma i piani sono già saltati.

 

- Pulizia degli invasi

 

E’ una misura che appare efficace, in quanto consentirebbe di aumentare la capacità di invaso dei bacini, percorribile rapidamente e anche rispettosa dell’equilibrio ambientale. 

 

Ad oggi il freno principale è di tipo burocratico, in particolare per quanto riguarda  la classificazione del materiale di recupero, attualmente individuato come rifiuto speciale, con normativa e costi di gestione e smaltimento molto elevati.

 

- Promuovere azioni di sensibilizzazione per la riduzione dei consumi idrici 

Probabilmente una delle misure più semplici da promuovere è diffondere una cultura della tutela e del risparmio della risorsa idrica.

ATO Veronese diffonde tra sindaci codice di autodisciplina da adottare dai Comuni, in primis per limitare il consumo idrico dell’ente e per creare un effetto di diffusione della buona pratica.

Il razionamento appare misura di eccessivo impatto sociale e non facilmente attuabile nel concreto, sia per ragioni tecniche (danni alla rete acquedottistica) che per un effettivo controllo del rispetto della misura.

 

- Efficientare l’irrigazione in agricoltura e incentivare il riutilizzo dell’acqua nei cicli industriali

 

Senza dubbio va incentivato l’uso più efficiente della risorsa idrica in agricoltura.

 

La posizione dei Consorzi di Bonifica tende a minimizzare l’impatto dell’uso idrico da parte dell’agricoltura, sostenendo che l’industria ne faccia un uso ben maggiore.

 

In realtà, al netto delle industrie alimentari (es soggetti concessionari di impianti imbottigliamento di acqua minerale, produttori di bevande), la gran parte dell’uso industriale dell’acqua prevede la reimmissione della stessa nell’ambiente dopo l’uso.

 

Va per contro anche considerato che l’utilizzo dell’acqua in agricoltura, così come paradossalmente anche le dispersioni idriche degli acquedotti e dei canali artificiali, consentono un effetto collaterale positivo di ricarica delle falde.

 

Da questo punto di vista va detto che l’irrigazione di precisione consente sì un grande risparmio di acqua, ma riduce di molto la ricarica delle falde (effetto Israele): “va sempre ricordato che l'altrettanto citato Israele, con il quale i nostri Consorzi di bonifica mantengono costanti rapporti di reciproca collaborazione, ha trasformato il deserto in area verde; noi, invece, il giardino lo abbiamo ed il nostro compito è mantenerlo. Non mi pare proprio la stessa cosa…"  Francesco Vincenzi, Presidente ANBI

 

Quanto agli investimenti per l’efficienza idrica in agricoltura è interessante richiamare la DGR 1209 del 4.10.2022, che assegna risorse al comparto agricolo per l’eccezionale siccità del 2022, finanziate dal Ministero Agricoltura mediante D. Lgs. 82/2008.

 

Il problema di questa misura di finanziamento, che ha trasferito negli ultimi anni alle aziende agricole venete milioni di euro (prima per la cimice, poi per il gelo, ora per lasiccità), è che si basa esclusivamente sull’autodichiarato calo di fatturato. 

 

La misura rischia di tramutarsi in una forma di sostegno “helicopter money”, che viene riversata sulle aziende agricole a fondo perduto e senza alcun vincolo legato ad investimenti in efficientamento. Finisce così spesso per tenere in vita aziende decotte (senza voler pensare a ipotesi di truffe), e danneggia quelle aziende serie che hanno fatto investimenti e che, molto spesso, non denunciano cali di fatturato.

 

Ad esempio, sulla siccità, le risorse saranno assegnate senza obbligare i percettori ad investimenti in materia di risparmio idrico.

 

- Pianificazione dell’uso delle risorse idriche

 

Si tratta di attività molto importante, da svolgersi nella massima condivisione possibile tra tutti i soggetti istituzionali.

 

E’ auspicabile l’applicazione della normativa vigente e la redazione un vero bilancio idrico, di competenza delle autorità di bacino distrettuale. Il Ministero ha finanziato con 100 milioni di euro questa misura, ma nessuno sa come procedere a redigere questo documento. Anche la Legge Regionale 17/2012, che va nella medesima direzione, non risulta abbia avuto ad oggi applicazione.

 

- efficientamento e manutenzione costante delle reti idriche, al fine di ridurre al minimo dispersioni e sprechi d’acqua

 

Si tratta di azione senza dubbio meritoria ed importante. Tuttavia si tenga conto che il consumo umano è stimabile in una quota tra il 10 e il 15% dei consumi complessivi di acqua, per la restante parte utilizzata da agricoltura e industria e pertanto che la riduzione delle perdite delle reti acquedottistiche, obiettivo comunque da perseguire, ha un impatto forse non determinante rispetto alla dispersione di risorsa idrica.

 

 

- rafforzare il controllo e la chiusura dei pozzi abusivi

 

Va anche considerato che vi è un numero elevato e imprecisato di pozzi abusivi in agricoltura. Ne consegue che i divieti o i razionamenti che fossero disposti dai Consorzi di Bonifica, nelle zone dove esistono acque di falda vengono spesso agevolmente bypassati attraverso gli emungimenti da pozzi non autorizzati, difficilissimi da impedire.

 

- programmazione nella ricerca di nuove fonti idriche

 

L’attività di ricerca di nuove fonti va svolta secondo una programmazione accurata e non sull’onda dell’emergenza, per evitare di incorrere in errori di valutazione costosi e non rimediabili.

 

FONTI

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Commissione Europea - Osservatorio sulla siccità globale (GDO) - Drought in Europe agosto 2022

Report ANBI 16.3.2023

Repubblica 14.3.2023

La Stampa 14.3.2023

Comunicato Stampa Osservatorio ANBI 16.3.2023

La crisi dell'acqua: quanti sono gli invasi in Italia di Antonio Massariolo, il Bo Live unipd

Cosa è questo “piano laghetti” contro la siccità - Il Post 1.3.2023

L’Anbi: 3,5 milioni di italiani rischiano di non avere l’acqua dal rubinetto - il sole 24 ore 23.2.2023

Siccità, per salvare l’estate servono 50 giorni di piogge - Corriere della Sera del 20 febbraio 2023

 

 

Mozione gruppo consiliare PD Veneto n. 411 del 23.2.2023

Ordinanza PGR Veneto 20 del 14.3.2023

Colloqui con Presidente Consorzio bonifica Alta pianura veneta, con Direttore ATO Veronese, con direttore tecnico Acque Veronesi.

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