top of page

Non c'è futuro senza memoria


Oggi, in tutta Italia, si celebra la Giornata della Memoria. Si ricorda il giorno, il 27 gennaio di settantotto anni fa, in cui vennero abbattuti i cancelli di Auschwitz. Un nome che rimarrà sempre un simbolo. Il simbolo del male che l’uomo è stato capace di fare all’uomo. La pagina più buia nella storia dell’umanità, l’abisso più profondo in cui essa finì per sprofondare.

Milioni di persone perseguitate, deportate, private della vita per il solo fatto di avere una determinata fede religiosa, di appartenere a un’etnia o ad un ceto sociale.

Il primo pensiero, anche a distanza di così tanto tempo, non può che andare a loro. Alle vittime di questa folle barbarie. E a chi, riuscito a tornare, ebbe la forza e il coraggio di raccontare, di “fare testimonianza”.

“Proprio perché sopravvissuti – scrisse una volta il Premio Nobel Elie Wiesel – ritenemmo che ogni minuto delle nostre vite dovesse essere consacrato a una sorta di missione impossibile, una vocazione, una responsabilità, un obbligo. Dovevamo fare qualcosa dei nostri ricordi, di tutto quello che sapevamo. Dovevamo farne qualcosa non tanto per amore dei nostri morti, quanto per amore dei bambini che ancora dovevano nascere, ebrei e cristiani, musulmani e buddisti, bambini di ogni dove”.

Non c’è messaggio più prezioso. Non c’è fatica – perché la memoria è anche immergersi di nuovo nel dolore passato – di cui tutti noi non si debba essere grati.

Grati come lo siamo nei confronti di una donna straordinaria: la Senatrice a vita Liliana Segre, che continua ad essere voce e testimonianza attiva di ciò che fu la Shoah e di come si debba tenere sempre alta la guardia contro ogni forma di odio e di intolleranza.

Devono far riflettere le sue parole di qualche giorno fa, il suo allarme sul “pericolo dell’oblio”, sul rischio che su ciò che accadde allora “tra qualche anno ci sarà solo una riga sui libri di storia e poi non ci sarà nemmeno quella”.

Per questo la cosa più preziosa da fare oggi, soprattutto i giovani, è raccogliere il testimone, raccontare a chi non sa, spiegare cosa accadde, vincere la tentazione di dire: non mi interessa, non mi riguarda, sono cose lontane, non può più succedere niente del genere.

Non è così, la “banalità del male” è sempre pronta a manifestarsi e a diffondersi nella nostra società come un virus. E allora è indispensabile riflettere, ascoltare, mantenere viva la memoria. Far questo serve ad allontanare il rischio dell’indifferenza e a prevenire nuove sopraffazioni, a sconfiggere l’esclusione, l’intolleranza e ogni tipo di discriminazione che può presentarsi, oggi, sotto altri aspetti, facendo leva su suggestioni e argomenti diversi rispetto ad un tempo ma comunque pericolosi.

Si chiama Giornata della Memoria. Ma il suo valore più grande è quello di essere rivolta innanzitutto al futuro, nostro e delle generazioni che verranno.


Andrea Martella

bottom of page