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Le sottovalutazioni del fenomeno mafioso ieri e oggi


Durante il processo contro la camorra in Veneto orientale numerose cariche istituzionali, ultimo il presidente Zaia, preceduto da prefetti, questori, rappresentanti dello Stato ai vari livelli, hanno affermato di avere ignorato la presenza della camorra a Eraclea fino agli arresti del febbraio 2019. Un copione simile si è verificato nel corso dei processi contro la ‘ndrangheta a Verona. Sono affermazioni che indicano la sottovalutazione del fenomeno mafioso in Veneto e che servono a giustificare a posteriori ritardi, incomprensioni, errori. Il pretesto dell’assenza delle mafie in Veneto è stato l’alibi per imprenditori e professionisti locali che operano in società con i gruppi mafiosi.


Eppure la presenza mafiosa era stata denunciata molto tempo prima del 2019 in documenti ufficiali e pubblici. Nel 2015 la relazione del ministro dell’Interno al Parlamento sull’attività delle forze di polizia segnalò che “Molteplici attività investigative hanno documentato, nel tempo, l’operatività di soggetti riconducibili ad organizzazioni criminali campane, pugliesi, calabresi e siciliane” e che in provincia di Venezia “Trascorse attività investigative hanno evidenziato l’esistenza di interessi criminali di soggetti campani, a vario titolo legati alla criminalità organizzata della regione di origine, presenti, in particolare, nella zona orientale della provincia (San Donà di Piave, Portogruaro, Caorle, Bibione, Jesolo, Eraclea).” Lo stesso documento descrisse le attività della ‘ndrangheta nelle province di Padova e di Verona.


Dal 2016 le relazioni semestrali della Direzione Investigativa Antimafia al Parlamento hanno denunciato la presenza prima, e il radicamento poi, dei diversi gruppi mafiosi in Veneto.


La relazione finale della commissione antimafia presieduta da Rosy Bindi ha spiegato con precisione il processo di radicamento mafioso in Veneto: “In questi territori la lotta alle mafie non è stata per molti anni considerata una priorità. (…) In realtà, fin dai primi anni ’90, le mafie hanno scelto il Veneto per investire risorse e per nascondere latitanti. (…) Diversi imprenditori hanno cercato o accettato più o meno consapevolmente le risorse dei gruppi criminali. (…) Importanti istituti di credito hanno sostenuto operazioni finanziarie di soggetti vicini alla criminalità organizzata senza approfondire la provenienza delle risorse; diversi professionisti hanno partecipato alla costituzione di società perseguendo gli interessi di persone legate alle associazioni mafiose.”


Alla luce di questi documenti le testimonianze di molti rappresentanti istituzionali nel processo contro la camorra di Eraclea evidenziano la sottovalutazione che per anni ha consentito alle mafie di radicarsi nella nostra regione. La vicenda risulta utile per evitare oggi di ripetere lo stesso errore. In Veneto sono destinate ingenti risorse pubbliche per i progetti del PNRR, per infrastrutture ferroviarie e stradali, per nuove strutture sanitarie e per le Olimpiadi invernali del 2026.


Bisogna essere consapevoli che le mafie in Veneto sono radicate e che si sono strutturate proprio per partecipare alla realizzazione di queste opere attraverso accordi corruttivi con funzionari pubblici e accordi criminali, soprattutto per le false fatturazioni e per lo sfruttamento di manodopera, con professionisti e imprenditori locali. Per prevenire e contrastare le attività dei gruppi mafiosi serve la collaborazione degli enti locali e servono procedure di gara trasparenti e concorrenziali, senza affidamenti diretti, e maggiori controlli delle prefetture e delle forze dell’ordine che devono avere mezzi e strumenti per intervenire in modo efficace.


Alessandro Naccarato, membro della Commissione antimafia 2013-2018

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