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Il Pd dopo le elezioni

Segnaliamo questo pezzo pubblicato dal caporedattore del Corriere del Veneto, Alessandro Baschieri, sul sito del giornale

Insieme al sole, alla pioggia e alle tasse, l’autoflagellazione del Partito Democratico dopo ogni sconfitta elettorale è una delle grandi certezze della vita.  Anche questa volta ci siamo. Colpe. Dimissioni.  Fratelli coltelli. E l’immancabile “ripartiamo da zero”. L’esame del voto è un passaggio obbligato, specie quando ci sono risultati da tregenda, ma forse si sopravvaluta un po’ il ruolo delle strutture e degli apparati in ambito locale, ovvero la loro capacità di orientare il voto in un Comune, in una Provincia, in una Regione. Più restringi l’orizzonte territoriale e più cresce il peso del singolo candidato. E’ sempre stato così, ma mai come in questi anni.  Zaia il partito manco ce l’aveva alle ultime elezioni, era nelle mani di Tosi: tutto l’apparato, il consiglio, la sede, erano controllati dal suo avversario. La strategia l’ha decisa da solo, al massimo con un gruppetto di fidi consiglieri e magari (in realtà non ci scommetteremmo) con Salvini. E i grillini ce l’avevano un apparato? E il neo sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, alla prima esperienza politica? Della sua assenza ne ha fatto bandiera. Forse il partito che si è speso di più, alla fine, e stato proprio il Pd. A costo di essere tacciati di pessimismo cosmico, abbiamo anche qualche perplessità sulla cultura politica dell’elettore medio. Ovvero sulla sua conoscenza dei programmi (per altro: quante convergenze tra gli aspiranti governatori in queste ultime elezioni regionali, dalla sanità ai costi della politica, dalla sicurezza all’ambiente ), delle cose fatte e non fatte, dei risultati ottenuti. Tutto porterebbe quindi al confronto secco tra volti e candidati (in genere scelti dai partiti ma nel caso Pd attraverso le primarie), a ragionamenti su valore, appeal, capacità di penetrazione,  credibilità e forza che ciascun nome porta in dote. O meglio, quella che riesce a trasmettere. Qui di minuti ne servirebbero anche quattro, in due ci premeva sottolineare solo che  “Tutta colpa del partito e del suo segretario” è quantomeno una spiegazione superficiale. O di comodo.

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